Davide, tutto questo, un senso, non ce l’ha…

Nessun elenco del chi c’era e chi non c’era: ai funerali le presenze sono tutte uguali. Soprattutto quando a morire è un ragazzo “uguale” a tutti gli altri. Che sogna di veder crescere sua figlia, che sogna mentre segue con lo sguardo la traiettoria di un pallone. C’è la tua gente, Davide, a Piazza Santa Croce, stamattina. La gente uguale a te, quella del pallone. Di questo circo che ci distingue, ma rende, poi, paradossalmente, tutti uguali. Colori, numeri, bandiere: tutto azzerato. Niente più tifo contro, niente più improperi, solo un enorme, infinito, campo di calcio. Quello dove, spesso, il più scarso va in porta, il più robusto al centro della difesa e quello più scattante lo mettiamo sulla fascia, se a sinistra, poi, significa che è proprio bravo. Quante volte lo hai fatto, Davide? Poi, il campo è cambiato, diventando quello dei professionisti, quello con le regole scritte, i contratti, gli sponsor. Il calcio che non è più uguale, ma a cui non sappiamo rinunciare. Ma non sappiamo rinunciare neanche a te, sai Davide, anche adesso che non sei più uguale a nessuno, anche adesso che sei di più. Oltre quel campo di calcio, Davide. Dove non ci sono più linee laterali, dove non sei più in fuorigioco, dove non c’è bisogno dell’ arbitro per decidere se è fallo o no, perchè i falli non si fanno. Là si gioca solo e sono davvero tutti uguali…Deve essere così, per forza. Altrimenti, tutto questo, che senso avrebbe?

a cura di Gabriella Calabrese

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