Parlare di calcio è la cosa che mi riesce di meno in questo momento. La notizia della scomparsa di Davide Astori fa passare in secondo piano ogni futile discorso che ruota intorno al pallone ed il mondo del calcio ha fatto bene a fermarsi. Mi chiedo se, dietro alla scomparsa prematura ed improvvisa di un giovane atleta, ci sia solo il destino cinico e spietato oppure dell’altro. L’autopsia voluta dalla magistratura chiarirà le cause e le dinamiche dell’accadimento funesto. Fa piacere leggere il fiume di messaggi di cordoglio giunti alla famiglia di Astori ed alla Fiorentina da ogni parte d’Italia, al di là del colore della propria bandiera. Fa ribrezzo, di contro, leggere alcuni commenti di chi, probabilmente alla ricerca di un attimo di notorietà, mostra indifferenza verso l’accaduto trincerandosi dietro il motto ‘the show must go on’. Parlo di Cruciani e di tutti coloro (…pochi per fortuna…) che la pensano come il famoso (…nostro malgrado…) giornalista. Il mondo del calcio perde un buon atleta e, a detta di coloro che lo hanno conosciuto, una persona perbene, un uomo di sani principi che ha fatto dell’equilibrio e della razionalità le proprie ragioni di vita. Pensare che, poche stagioni fa, Davide Astori era stato vicino a raggiungere il ritiro azzurro di Dimaro fa un certo effetto. Poi la trattativa sfumò, all’ultimo momento, come tante volte succede nel calcio. Ci mancherai Davide, strappato alla vita troppo presto! Come dicevo all’inizio, è difficile parlare di calcio in questi frangenti e lo è anche perché sabato scorso è andata in scena la più grande commedia all’italiana degli ultimi anni. Che senso avrebbe sottolineare gli errori macroscopici di Reina, della difesa (…fino a sabato punto di forza della squadra di Sarri…) e la serata negativa della linea mediana azzurra? Che i Sarri’s boys non sarebbero mai scesi veramente in campo era chiaro fin dal tunnel che portava verso il manto verde, bastava guardare Reina negli occhi per capire che il Napoli aveva subito la mazzata dell’Olimpico. Sarebbe già stato un duro colpo digerire la vittoria al fotofinish della Juventus, lo è ancora di più considerando il modo con cui è stata pilotata. Se agli errori di disattenzione ci aggiungiamo la cattiva sorte di alcuni episodi la frittata è presto fatta. Mancano ancora undici giornate al termine del campionato e fanno riflettere alcune dichiarazioni. Innanzitutto, la resa di Sarri che ha frettolosamente tirato la sua squadra fuori dalla lotta scudetto. Non so fino a che punto sia solo un tentativo di levare gli occhi di dosso ai suoi boys quanto, piuttosto, una vera e propria alzata di bandiera bianca. Una resa per impotenza di fronte a qualcosa che va oltre il calcio. Tornano alla mente le parole di Diego Armando Maradona che, dopo la sconfitta del Napoli a Firenze per 3 a 1, affermò che stavano giocando ‘contro tutti quanti’. Era gennaio del 1987 e, dopo trent’anni, quei tutti quanti continuano a farla da padroni. Fa riflettere chi ha definito il gol di Dybala da scudetto, con la partita del Napoli ancora da disputare e con la Juve formalmente ancora un punto dietro (…il recupero con l’Atalanta è considerato talmente tanto una pura formalità che potrebbero persino non giocarlo!…). Fa rumore il silenzio di Aurelio De Laurentiis che potrebbe e dovrebbe parlare, magari alzando la voce nelle stanze del palazzo e chiedere conto dei danni, anche economici, che questa nuova farsa gli sta procurando. Stupiscono le dichiarazioni all’insegna di una inaspettata sportività di Simone Inzaghi, tecnico della Lazio che tanto aveva polemizzato in altre circostanze! Insomma, sembra che tutti sapevano ad eccezione di noi tifosi illusi. Chi ha visto la partita tra Lazio e Juve sarà d’accordo sul fatto che il ciclo dei bianconeri è finito a Cardiff e che la squadra di Allegri è tenuta in vita da un sistema di arbitraggi scientificamente organizzati. A noi rimane l’amaro in bocca e mille domande su quanto il terremoto di calciopoli abbia estirpato il male del calcio italiano…e mentre scrivo ho davanti agli occhi l’immagine di Mourinho e delle sue manette mimate. Ciao Davide.
Riccardo Muni