Marolda: “Solo una sbandata, la strada è ancora lunga”

L’opinione di Marolda sul CdS

Ora non è di lacrime che ha bisogno il Napoli. E tantomeno di processi, d’accuse e d’accusati. Non v’è dubbio: la mazzata è di quelle che fanno tanto male, ma a undici partite dalla fine non è permesso a nessuno di pensare che sia tutto finito solo perché la Juve è solo a un punto e ha da recuperare una partita. D’accordo il sabato da scudetto l’ha sfruttato bene la Juventus capace di far gol anche all’ultimo secondo e, invece, come peggio non poteva il Napoli, sorpreso dalla Roma tornata forte ed in salute, ma c’è tempo per rimettere a posto classifica e fiducia. Già, fiducia: forse è questo il problema. Perché, errori a parte – e sì che ce ne sono stati – se al Napoli qualcosa è scomparsa all’improvviso, è stata proprio la fiducia dopo il gol di Dzeko. Quello del due a uno. In quel momento il Napoli – e per troppo tempo – ha sbandato in campo e nella testa. Una luce che s’è spenta. Forse la paura di non saper rispondere al successo della Juve sulla Lazio. O, chissà perché, quello smarrimento generale gli ha rubato gioco e misura nelle geometrie. E se si fermano quelle geometrie vincenti, si sa, il Napoli finisce in sofferenza. Perché – com’è accaduto con la Roma – la buona volontà spesso non è sufficiente, come non può bastare un Insigne contro tutti. Ma anche perché il Napoli continua a cantare un solo ritornello. Anche quando bisognerebbe trovare – in tempo utile, però – qualche alternativa per sfuggire a un avversario tra i più temibili in trasferta. Ma tant’è. Ora il Napoli da una partita a settimana, deve ritrovarsi. Deve ritrovare quel suo gioco che nasce da un’idea magari non originale, ma brillante e coraggiosa. Quell’idea che, almeno qui in Italia, terra di calcio avaro in quanto a novità, fa di Sarri un mezzo rivoluzionario. Però, sbaglia chi questa che è ancora una fantastica cavalcata azzurra la declina solo coi meriti dell’allenatore. Certo, il Napoli ha avuto la fortuna di incrociare Sarri, ma è vero pure che l’allenatore ha avuto la felicissima sorte di trovare un club che stava già investendo sul futuro e giovanotti capaci di portare in campo, d’interpretare, di nobilitare come mai nessuno il suo disegno. Non fosse così, dipendesse tutto soltanto dalla dittatura di un’idea, infatti, qualche anno fa in cima al campionato ci sarebbe stato l’Empoli al posto della Juve. Ecco perché ora la risposta può darla la squadra più che l’allenatore”. 

 

 

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