Marolda: “Classifica non vera, fuga virtuale ma Callejon & soci se la gustano”

Lìopinione di Ciccio Marolda sul CdS:

Non è vera. Almeno per ora non è una classifica sincera, ma intanto il Napoli butta la palla nel campo della Juve e aspetta la risposta. Cavoli bianconeri, adesso, mentre Callejon e soci si gustano quest’ultima vittoria in terra sarda. E la fuga. Che sarà pure virtuale, ma fa comunque sperare e divertire. E parlare assai. Già, perché sono mesi che a Napoli si sogna e si discute. Che ci si ritrova attorno a una passione, ma ci si divide pure. Cosicché, mentre in campo il Napoli gioca il suo campionato di successi e di sorrisi, fuori, tra la gente, tra i critici d’occasione e quelli mestieranti, le scuole di pensiero con più iscritti sono due: quella “fallimentarista” e quella “consolazionista”. ”Se il Napoli non vince lo scudetto sarà un fallimento”, dicono in parecchi. Beh, di sicuro sarebbe un’occasione persa, una delusione forte, un’amarezza. Un fiasco. O, visti comunque i risultati economici eccellenti, i consensi in campo e le incoraggianti prospettive, almeno un mezzo fiasco sportivo di sicuro. Che comunque sarebbe ben altro rispetto a un fallimento; termine che, visti i precedenti, a Napoli bisognerebbe usare con maggior prudenza.  
L’altra scuola, invece, è quella che in ambienti più istruiti chiamerebbero “self-soothing”. Ovvero: auto-conforto. Auto-consolazione, appunto. Qual è il fine della consolazione? Tagliare le radici della tristezza, diceva Cicerone. Qual è il fine della consolazione per questa parte dei tifosi azzurri? Tagliare le radici della paura. Quella di non riuscire a festeggiare lo scudetto a maggio o, magari, di non conformarsi alle linee guida dall’allenatore azzurro. Che è rispettabile posizione pure questa, si capisce. Del resto, se autoconsolarsi è ciucciare il pollice quando si è bambini, o essere, diciamo così: narcisi nell’adolescenza, perché per un tifoso adulto non dovrebb’essere consolatorio – felici loro – insultare chi la pensa in altro modo oppure accontentarsi del bel gioco lasciando ad altri lo scudetto?  
Ecco, a Napoli si confrontano queste due scuole di pensiero. Che si detestano e non s’accorgono d’avere in comune un paio di cose: la paura e un immotivato vuoto d’autostima nei confronti del Napoli e anche di se stessi. Ma è così complicato essere sereni? Chissà, forse sarebbe il caso di raccogliere firme per l’istituzione d’una terza scuola: quella degli ottimisti. E se anche di buona educazione, tanto meglio”. 

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