Al San Paolo è una storia che si ripete spesso, un’abitudine diventata tradizione che sabato sera ha coinvolto più del solito, sarà stata la tensione di una partita prima persa e poi dominata, la certezza di aver superato un ostacolo non di poco conto sulla strada che porta al tricolore. Battaglia durissima contro la Juventus, la rivale di sempre. Un duello che vedrà il suo momento più significativo tra poco più di due mesi, il 22 aprile, sul campo dei bianconeri.
La squadra e la sua città, un feeling storico che ha riempito pagine di letteratura calcistica e scomodato la più facile delle sociologie. Il patto adesso è diventato solidissimo, dentro e fuori il campo. C’è il Napoli che vince e diverte e c’è una tifoseria più stretta che mai intorno a questi benedetti ragazzi che si sono messi in testa una pazza idea, quella di consegnare a Napoli lo scudetto vinto per l’ultima volta ventott’anni fa.
L’Europa League per il momento può attendere: venduti appena 3.000 biglietti per la sfida di giovedì contro il Lipsia, che sarà scortato da 1.400 sostenitori tedeschi. Precedenza allo scudetto: Sarri ha promesso ai napoletani l’anima pur di vincerlo. Napoli sta dando il cuore a questi ragazzi, li sprona, li accompagna fino alla fine e li omaggia con il canto.
È finalmente cambiato il repertorio del San Paolo, c’è sempre spazio per vomitare insulti agli avversari ma la vera missione oggi è dialogare con la squadra. Sembra che ogni settore abbia un’esclusiva, le curve custodiscono gelosamente i loro mantra, dal fischio d’inizio e fino a quando gli azzurri non sbloccano la partita è un continuo invito a gonfiare la rete, una litania, una preghiera, un’invocazione che poi altro non è che uno stimolo incessante. Poi l’invito a non mollare, a vincere perché bisogna vincere per restare primi e la fiera appartenenza alla propria specie, con quei versi che ci definiscono tutti figli del Vesuvio.
Fonte: Il Mattino