Il pensiero Raffaele Auriemma lo esprime sul CdS:
“In tanti si chiedono: cosa è successo nell’intervallo di Napoli-Lazio? Provo ad immaginarlo, per capire l’origine della scossa per una squadra che non poteva ricevere nemmeno il conforto di Sarri, espulso pochi minuti prima. Una pozione magica versata nel the? Un discorso franco, anche duro, che i senatori hanno fatto al resto della squadra? Forse sì, sarà stata questa la chiave, la conferma di quanto questa squadra sia “famiglia”, nella quale ognuno viene preso in considerazione. Non ultimo lo staff tecnico, dal vice Calzona al tattico Bonomi, fino al responsabile Giuntoli, capace di annusare l’aria e trasformarla in messaggi che diventano strategia. Quel Napoli “carnivoro” del secondo tempo non se l’aspettavano i tifosi che temevano di accontentare del pari di Callejon e, men che mai, la Lazio meglio attrezzata sul piano muscolare. Invece è successo che il Napoli abbia preso a masticare pane e veleno, con l’intento di mordere l’avversario e continuare a giocare a pallone come sa, come tutto il mondo ha imparato a riconoscere. Nel secondo tempo, c’erano 11 calciatori che indossavano la maglia azzurra, ma in realtà erano il doppio. Per aiutare il compagno in difficoltà, per dedicare la vittoria a Faouzi, perché una formazione in testa al campionato centuplica le energie per essere prima anche il 20 maggio. Il segreto sta in quella formula chimica chiamata “amore”, che in una squadra di pallone raramente si è vista così forte come nel Napoli quest’anno. I calciatori, quando escono al termine delle gare, sorridono e scherzano, nessuno forma gruppetti, se non per la necessità di parlare la stessa lingua. Ma l’avete vista la squadra con la maglia di Ghoulam? No, non dovevate osservare il 31 stampato sul petto, bisognava soffermarsi sull’espressione, sofferente e cattiva, vogliosa di dare soddisfazione a chi era costretto dal destino a star fuori e risposte a quanti erano davanti alla tv nella convinzione che “non ce la fanno perché sono pochi e stremati”. Sì, la rosa è colpevolmente corta, ciò nonostante il gruppo di Sarri ha scritto un’appendice al patto di Dimaro, stringendo i denti in attesa di tempi migliori. Il Napoli è come un cappotto elegante, un po’ strettino, al quale si poteva dare una mano di sartoria per renderlo più comodo. Come? Trattenendo Pavoletti o prendendone uno qualunque a gennaio. Il passaggio decisivo per la svolta futura è proprio questo: accettare l’idea che si possano ingaggiare calciatori forti, pur rischiando che giochino poco. Se si pretende un utilizzo pari al costo del loro cartellino, poi si comprende perché l’allenatore preferisca fare con i pochi di cui dispone”.