E’ un patto con se stessi, è un sogno, si può anche pensare che sia la Storia (e senza enfasi): è un’Idea meravigliosa che ronza in testa da un bel po’, che è servita per vivere in quella dimensione onirica che s’avverte lassù, in testa, e che lascia intravedere, all’orizzonte, qualcosa che valga, che resti.
Si scrive scudetto e ormai non si nega più ch’esista questa tentazione, l’amabile ossessione, e che bisognerà inventarsi una vita diversa, magari facendosi in due, per riuscire a convivere tra il campionato e l’Europa League: c’è un Napoli per ogni momento, per qualsiasi partita, per questi quattro mesi che ormai si profilano come la verità assoluta; e ci sono uomini disposti a tutto, a fare gli straordinari o a starsene in panchina, pur di arrivare sino in fondo e poi perdersi nella felicità assoluta. C’è una squadra che pare scolpita nelle distinte arbitrali da una sfida all’altra; poi c’è qualche intuizione che nascerà, nei giovedì che verranno – per il momento quelli con il Lipsia, poi si vedrà – e che proverà a regalarsi un’incredibile momento di gloria.
Ma c’è una sola data nella testa di chiunque, di chi dirige il Napoli, di chi ci gioca nel Napoli, di chi allena questo Napoli, di chi osserva dall’alto o in tv il proprio Napoli: è cerchiato d’azzurro, è il 20 maggio. E per arrivare a quel giorno, bisognerà avvicendare un Napoli e dare la possibilità all’altro, affidarsi al turn-over quasi sistematico, dunque scegliere ben sapendo di aver già scelto: inconsciamente oppure no, consapevolmente.
Fonte: CdS