Benevento-Napoli: l’analisi del Pagelliere azzurro

Continua il testa a testa tra gli azzurri e quelli là che, nel pomeriggio, con una prestazione straripante, si sono presi il primo posto battendo un mai domo Sassuolo, dimostrando tutto il loro strapotere tecnico, tattico, fisico e soprattutto politico…
Ora tocca a noi quindi rispondere per le rime qui a Benevento, ridente cittadina a una 70ina di km da Napoli, dove oltre al buon vino e al buon cibo, non mancano i tifosi della squadra partenopea, vista la nutrita presenza allo stadio.
I giallorossi, dall’alto di una classifica imbarazzante quanto le dichiarazioni della Meloni post fattaccio di Macerata, scendono sul terreno di gioco con la voglia di vendere cara la pelle, mettendo in campo cuore, forza e coraggio.
Proprio come dovrebbe fare una squadra alla vigilia considerata sfavorita.
Senza comportarsi cioè, come se fosse la partita del cuore, dove si gioca solo per la solidarietà, come qualche altra squadra in altre occasioni…Complimenti a loro quindi.
Gli azzurri restano sorpresi da questo atteggiamento battagliero, subendo la giallorossa aggressività, anche perché qualcuno dei nostri sembra ancora fermo sull’area di servizio Irpinia sud a strafogare Camogli.
E sto parlando di Jorginho soprattutto, che, per tutto il primo tempo indovina al massimo tre passaggi e nemmeno volontariamente, secondo me, rallentando di molto la manovra.
Ad ogni modo per i primi venti minuti pur non tirando in maniera pericolosa, ci fanno vedere le streghe, come da tradizione di queste parti.
Poi all’improvviso gli azzurri si scetano.
Prima con Insigne che caccia dal cilindro un pezzo di alta scuola Frattese, cimentandosi in un cucchiaio/cuppino alla Totti che si stampa sulla traversa tra gli “OHOHOHOHO!!” di tifosi e telecronisti; poi con un goal divorato da Hamsik autore di un tiraccio sparato direttamente nello spazio siderale, a far compagnia ai satelliti, e infine finalmente con il goal del vantaggio.
Dove Mertens, evidentemente, per mostrare a tutti che i cucchiai anche in Belgio sono una specialità, ne inventa uno splendido che finisce alle spalle del redivivo Puggioni, neo acquisto beneventano.
Anche se il suo goal dividerà cronisti, addetti ai lavori e finanche me e mia moglie, sulla volontarietà di tale gesto, alla fine: “Goal è quando palla entra.” (Cit.Boskov), per cui chi se ne frega, siamo in vantaggio.
Il Benevento ci mette un po’ a capire che si trova sotto di un goal pur avendo fatto una ventina di minuti buoni e quindi ci lascia giocherellare senza resistenza, finché, con una botta di orgoglio, riesce a rendersi pericolosissimo con un tiro del giovane Djuric che fa urlare al goal i Beneventani e al Vaffa di paura i napoletani.
Ma solo quello resteranno, due inutili urli al vento, come quando urlo ai miei bambini di stare fermi a tavola.
 Il primo tempo finisce 0-1.
Il secondo tempo si apre con un Napoli più aggressivo tanto che, nemmeno due minuti e raddoppiamo.
Un giocatore del Benevento si rende protagonista al limite dell’area di uno stop che nemmeno Britos con un piede legato avrebbe sbagliato, e regala palla agli azzurri che ribaltano l’azione e con Hamsik splendidamente servito da Callejon, si portano sullo 0-2.
Partita chiusa?
Così sembrerebbe, se non che il Napoli, non solo tira i remi in barca, come si suol dire, ma addirittura entra in porto, mette l’ancora, svuota la stiva, licenzia marinai, mozzi e uomini di fatica in genere.
Così il Benevento prende pian piano campo e addirittura rischia di riaprire il match con un rigore sacrosanto prima concesso, e poi giustamente annullato per un fuorigioco iniziale nell’azione,  prima cioè che il nostro Kalidou, nello sciagurato tentativo di rinviare, calciasse palla, stinchi e rotule di un avversario.
Santa VAR!
L’episodio sfavorevole ha un effetto demoralizzante per gli avversari che si spengono lentamente lasciandoci pure qualche altra possibilità di segnare che non sfruttiamo solo per una questione di imprecisione e perché il nostro cannoniere principe viene scamazzato come un mozzicone di sigaretta da un difensore ed è costretto ad uscire.Vinciamo così solo 2-0.
Al momento, prima degli esami di rito non è ancora possibile quantificare il danno al belga, così come non è possibile quantificare il numero degli improperi e delle bestialità urlate da noi tifosi al difensore che ha attentato alla salute del nostro belga, cui consiglio una bella benedizione a ‘sto punto, ma di ciò vi terremo aggiornati.
Nel frattempo ci chiudiamo in una silenziosa e sentita preghiera.
Non una prestazione straripante come quella dei  nostri rivali che i media hanno santificato nel pomeriggio, pur trattandosi di una partita vera come il famoso rapimento di Lapo, ma siamo ancora primi, con un messaggio alle streghe, ai maghi, ai profeti e tirapiedi di professione:
Rassegnatevi, il Napoli c’è.
A cura di Vincenzo de Lillo
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