Caso Lucioni – Il Benevento non ci sta e prepara il ricorso

Fabio Lucioni e il Benevento non si fermano. I legali del giocatore e del club giallorosso, dopo lo stop di 1 anno (3 mesi già “scontati”) inflitto dal Tribunale Nazionale Antidoping, stanno già lavorando al ricorso in appello, prima ancora di conoscere le motivazioni della sentenza. Ma c’è una cosa che il verdetto di secondo grado non potrà mai restituire, al giocatore e alla società: il tempo. Quello che il capitano ha già trascorso lontano dai campi e (soprattutto) quello che dovrà trascorrere lontano dal suo Benevento nel momento cruciale della stagione. Perché quando arriverà la sentenza d’appello, il campionato sarà presumibilmente già finito. Due vittorie di fila, arrivate con lui in campo quando la sospensione cautelare era scaduta, un mercato di gennaio pensato per tentare la rimonta impossibile. Molte squadre in estate hanno speso meno dei giallorossi, nessuna ha speso di più in questa finestra di mercato. Eppure non basta, perché ora serve un regista difensivo e trovarlo non è impresa semplice a neanche due settimane dal stop alle trattative. «Con Lucioni condannano anche noi, siamo dei condannati silenziosi», l’immagine utilizzata a caldo dal presidente Oreste Vigorito. Nelle ultime ventiquattro ore ha raggiunto la squadra nel ritiro di Acaya, ha parlato con il suo capitano, Lucioni, che non riesce a darsi pace e sta trascorrendo notti insonni. «E’ uno scandalo, hanno fatto tutto alla rovescia», continua a ripetere il giocatore. «La giustizia non è infallibile, ammesso che questa sia giustizia…», la sintesi del presidente Vigorito.
Il clima. «Per Lucioni io metto la mano sul fuoco», ripete il numero uno giallorosso. E la piazza è con lui. Del resto, il capitano è beneventano per adozione e per matrimonio: ha costruito la sua famiglia a Benevento, ha messo radici nel Sannio. E tra i tifosi, in città e sui social, cresce la rabbia: c’è la sensazione sgradevole di sentirsi ancora soli contro il sistema, pronto a colpire il Benevento nel momento più delicato. Un pregiudizio, quello dei tifosi nei confronti della giustizia sportiva, peraltro legittimato dai fatti: il Benevento, giusto per fare un esempio, non è mai stato risarcito per una promozione diretta in B scippatagli dal Gallipoli, perché quando si è arrivati a una sentenza i giallorossi in B c’erano andati imponendosi sul campo e gli altri, i colpevoli, nel frattempo non potevano essere più puniti. E poi c’è la carrellata di precedenti in fatto di antidoping: tutti a confrontare la storia di Lucioni con quella di colleghi più famosi che s’erano fermati ai tre mesi di stop.
Il nodo. Aspettando le motivazioni, per ora i legali possono desumere solo questo: che il Tribunale ha sposato la linea della Procura. Che da una parte riconosce la buona fede di Lucioni: il giocatore si è affidato al medico, che ha utilizzato uno spray adatto alla patologia ma proibito, omettendo però la comunicazione preventiva alla Nado. Dall’altra, però, la stessa Procura rimprovera al giocatore di non essersi informato sul medicinale in questione, “cercando anche su internet”. Una strana rilettura del rapporto medico-paziente, il malato che deve controllare chi lo sta curando. Certo, esistono quelli ossessionati dalle ricerche su farmaci e malattie, si chiamano ipocondriaci e il loro è un disturbo psichico riconosciuto. Per tutti gli altri vale il rapporto di fiducia con il dottore. E se le norme attribuiscono agli atleti un dovere di informarsi, è altrettanto vero che durante il dibattimento il medico sociale Giorgione (fermato per 4 anni) con grande onestà intellettuale si è assunto la piena responsabilità dell’accaduto spiegando più volte di non aver detto al giocatore di cosa si trattasse. «C’è un reo confesso, eppure a Lucioni hanno applicato rigidamente il minimo della pena pur non essendo lui colpevole», ripete il presidente Vigorito. Lui, Lucioni, il Benevento, i tifosi: tutti pienamente convinti che la sentenza del Tna sia ingiusta, tutti sospettosi di non essere stati trattati come gli altri.

Corriere dello Sport

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