R. Verdi (papà Simone): “Calma e gesso, deciderà lui”

Il padre di Verdi: "A Napoli Simone può diventare protagonista"

R. Verdi (papà Simone): “Calma e gesso, deciderà lui”

Un predestinato, non fosse altro perché compie gli anni nello stesso giorno di Vieri e Cassano: mostri sacri del calcio italiano come promette di diventare Simone Verdi. Partito dalla periferia pavese verso un crescendo calcistico che adesso può portarlo a Napoli. «Calma e gesso, deciderà lui…», dice serafico papà Roberto attraverso il Corriere dello Sport, impiegato di banca a Milano, che si precipita al campo dell’Audax Travacò – dove Verdi ha mosso i primi passi da giocatore – appena scopre della nostra visita. Il viaggio all’interno delle origini di chi, in un anno e mezzo di Bologna sta già conquistando le grandi platee tiene conto di aneddoti, varie ed eventuali che precedono questo gennaio col mercato sullo sfondo. «A Napoli può andarci per essere protagonista», sorride Verdi senior, che, in linea con abitudini familiari ormai connaturate, ai riflettori deve ancora abituarsi.

SOLO PALLONE. Oddio, c’è una bella cartolina di Verdi al Camp Nou che lotta gomito a gomito con Neymar, in una partita contro il Barcellona: scusate se è poco… Erano i tempi dell’Eibar – nel 2015 – la parentesi spagnola di un giocatore in rampa di lancio. Lui che a undici anni già spiccava il volo verso il Milan, costantemente seguito dalla madre Simona, anche lei convintasi a poco a poco che gli studi potevano lasciare spazio al talento pallonaro. Declinato nel modo migliore, se a 25 anni Simone Verdi ha già messo piede in Nazionale e adesso con il Bologna è tra i migliori interpreti del ruolo.
Che la sua seconda parte di campionato possa consumarsi a Napoli è qualcosa da stabilire entro una decina di giorni. Ne sarebbero felici, a Travacò – un paese a cinque chilometri da Pavia – perché nel centro sportivo dell’Audax, la squadra locale di seconda categoria, sulle pareti c’è ancora spazio per maglie e foto celebrative. «Sta girando tutto bene», osserva ancora Roberto Verdi, che ha un passato da portiere. «E’ successo tutto molto in fretta, a 18 anni era già in serie A…». Mentre l’altro figlio Mattia, di due anni più grande, è arrivato fino alla serie D giocando tra centrocampo e difesa. Un percorso anche ragionato, visto il trasferimento a Torino per l’università parallelamente all’esperienza in maglia granata del fratello Simone. «Volavano parolacce, quando uno non passava la palla all’altro…», ricorda Roberto se gli si chiede com’era la convivenza in campo ai tempi dell’Audax.
Simone Verdi non ha mai avuto timore di alzare il livello. Giocava contro avversari più grandi anche di tre-quattro anni, quando lui ne aveva otto. E se il padre gli sequestrava il pallone perché in casa aveva frantumato troppi oggetti, il piccolo Verdi costruiva palle di carta coi giornali avanzati…

«CI HA CREDUTO». Papà milanista, per questo la scelta di Simone – che era conteso anche dall’Inter – ha fatto mettere da parte il sacrificio dei continui viaggi: dalla provincia verso il capoluogo. Poi c’è stata la stabilità di un’abitazione a Gallarate, vicino a dove si allenava il Milan, ma anche le prime difficoltà. Verdi non è mai stato così prestante, a livello fisico. «Una volta, dopo un rimprovero del suo allenatore al Milan, Simone tornò a casa piangendo: non aveva capito che il mister faceva così per stimolarlo. Lo avvertii: se vuoi, lasci giù la borsa e da domani smetti di giocare. Come non detto: la domenica successiva era in campo, e due mesi dopo titolare con gli Allievi Nazionali di Evani».

La Redazione

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