Avellino choc: retrocessione all’ultimo posto. Il patron Taccone: «Sconcertati»

Si teme una pena durissima per l’Avellino

Retrocessione all’ultimo posto in classifica più tre punti di penalizzazione per la prossima stagione, insieme alla inibizione per cinque anni del presidente Walter Taccone e di quattro anni per il direttore sportivo Enzo De Vito: la richiesta è di quelle da far paura. L’Avellino trema di fronte alla proposta di sanzioni della Procura federale nella prima udienza del processo Money Gate, iniziato ieri a Roma. Tutto nasce in realtà dalla inchiesta penale del tribunale di Palmi che vede coinvolto il presidente del Catanzaro (ora ex) Giuseppe Cosentino, accusato di associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale con appropriazione indebita per circa otto milioni di euro. Nell’ambito di quella indagine ci furono alcune intercettazioni telefoniche in cui Cosentino parlava di un presunto accordo con l’Avellino per far terminare in pareggio la partita tra le due squadre, disputata il 6 maggio 2013, allo stadio Ceravolo. Ma non andò così: perché invece quella partita la vinse, conquistando tre punti pesantissimi che permisero la promozione in serie B, la squadra biancoverde guidata allora da Massimo Rastelli. Da qui la rabbia dell’ex presidente del club calabrese (per il quale la Procura ha chiesto, come per l’Avellino, la retrocessione) che, nel corso di una telefonata con la moglie, diceva di essere andato via dallo stadio senza salutare i dirigenti biancoverdi, sottolineando che «la parola è parola. Sono stati loro a venirmi a rompere le scatole. Noi due gol ci siamo mangiati all’inizio che non abbiamo fatto».
Il castello accusatorio presenta diverse lacune: tra queste l’assoluta mancanza di telefonate, mail, o prove che testimoniano l’incontro tra la dirigenza avellinese e quella calabrese per prendere accordi  Ma l’asso nella manica lo ha sfoderato l’avvocato Edoardo Chiacchio, uno dei migliori in Italia nell’ambito della giustizia sportiva, quando ha ricordato al presidente della Sezione disciplinare del Tfn Cesare Mastrocola, il caso CrotoneAtalanta del 2011. «Un terzo soggetto ha ricordato Chiacchio non coinvolto nelle intercettazioni, non può essere condannato e incriminato laddove non ci siano intercettazioni e prove dirette che lo riguardano». Allora il club bergamasco, tra i deferiti c’era il capitano Cristiano Doni, fu prosciolto proprio dal Tribunale federale nazionale, anche allora presieduto da Mastrocola al quale il legale dell’Us Avellino si è rivolto in modo deciso e teatrale durante la sua arringa. «Non ho niente da aggiungere ha concluso Chiacchio perché qui non c’è davvero nulla di cui parlare. Sa benissimo di cosa parlo visto che formulò lei quel proscioglimento. Contro i miei assisti non c’è nulla. Nei loro confronti l’impianto accusatorio è nullo».
Particolarmente provato invece il direttore sportivo Enzo de Vito. «Da quattro mesi non vivo più», ha detto davanti ai giudici. Al termine della udienza comunque i volti erano più distesi. «La difesa di Chiacchio ha evidenziato Taccone mi sembra dica tutto. Siamo sconcertati perché non sappiamo davvero da cosa dobbiamo difenderci visto che non abbiamo fatto nulla. E nonostante tutto la Procura è andata avanti con delle richieste semplicemente assurde. Se questo è il calcio e la giustizia sportiva siamo davvero messi male, non ho più fiducia in nulla». Intanto l’Avellino oggi è atteso da uno scontro salvezza delicato e decisivo contro l’Ascoli, al Partenio-Lombardi. «Oggi ha concluso il presidente vinceremo sul campo, in seguito vinceremo anche in tribunale». Per mercoledì è attesa la sentenza, per il secondo grado invece bisognerà aspettare la fine di gennaio pareggio.

Fonte: Il mattino

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