«Il Napoli è l’esempio virtuoso di come certi rapporti con le curve possono essere tagliati di netto. Lo ha fatto nel 2006 e non escludo che, per esempio, le rapine ai calciatori siano un effetto collaterale di quella drastica decisione della società». Marco Di Lello, deputato napoletano del Pd, ha coordinato il Comitato Mafia e manifestazioni sportive delle commissione parlamentare antimafia, i cui lavori si sono conclusi ieri. Quasi tutto il calcio italiano è stato ascoltato a palazzo San Macuto nel corso di questo lungo anno di indagini. Da De Laurentiis ad Agnelli, da Preziosi a Lotito, da Tavecchio a Gravina, la commissione ha voluto fare luce sui rapporti pericolosi delle società italiane. Di Lello spiega. «In alcune realtà c’è praticamente una osmosi tra le curve e i clan. Fino alla serie D, abbiamo raccolto numerosi casi: c’è un aspetto economico, legato al riciclaggio. E poi c’è la voglia di voler affermare il proprio potere. Il procuratore di Genova è stato molto esplicito nel raccontare il modo con cui la criminalità rivendica i propri spazi fisici nella curva del Genoa».
Di Lello parla di come la commissione abbia considerato, per così dire, ambiguo, l’atteggiamento del presidente della Lazio Lotito. «Non tutto quello che ha dichiarato ha trovato rispondenza, però è vero che anche lui ha rotto rispetto a quando c’era Cragnotti con il tifo organizzato sul fronte del merchandising, che dopo i diritti tv, è la seconda fonte di introito per una società». La Commissione ricorda quanto accaduto in occasione della partita Lazio-Cagliari dello scorso 22 ottobre, dopo la decisione del giudice sportivo di chiudere la curva Nord per cori razzisti: «Appare incomprensibile la decisione di mettere in vendita in quell’occasione, al prezzo di un euro, i biglietti della curva sud. Gli ultras hanno immediatamente approfittato di questa situazione per acquistare tali biglietti e per imbrattare, durante la partita, il settore della curva sud con adesivi razzisti e antisemiti che raffiguravano Anna Frank».
E la Juventus? Il club bianconero ha rinfacciato proprio al coordinatore del Comitato la sua fede calcistica. «Il mio tifo per il Napoli – replica Di Lello – condiziona solo le mie domeniche, perché se non vince non mi fa piacere (ride, ndr). Per il resto, abbiamo lavorato a 360 gradi su tutti i club. La Juve è stata sottoposta solo a processo sportivo e non penale. I rapporti con la curva sono accertati, manca la prova della consapevolezza della caratura delinquenziale dei capi-ultrà con cui i dirigenti avevano rapporti». Dall’inchiesta della Commissione è emerso che «a Torino la ndrangheta si è inserita come intermediaria e garante nell’ambito del fenomeno del bagarinaggio gestito dagli ultrà della Juventus».
La relazione finale, illustrata dal presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, propone come misura repressive il Daspo più duro e le celle negli stadi «Il Daspo – spiega ancora Di Lello – serve per tener il più lontano possibile persone che in uno stadio non devono mai mettere piede. I club devono collaborare fornendo una black-list: in tal modo si riduce il rischio che possano essere ostaggio delle fazioni estreme in nome della responsabilità oggettiva che bisogna pensare di modificare rispetto ad adesso». Non solo. La Commissione invita inoltre a «valutare l’introduzione anche di misure, come strutture sul modello inglese che consentano di trattenere temporaneamente soggetti in stato di fermo all’interno dello stadio, atte ad agevolare l’azione delle forze dell’ordine, con particolare riferimento all’arresto in flagranza, anche differita, e alla possibilità di procedere al giudizio per direttissima».
Il deputato napoletano racconta anche le difficoltà iniziali di un calcio che non ama che si scruti dentro i suoi meandri. «Ma alla fine tutti sono stati contenti perché i soggetti della filiera sportiva devono essere consapevoli del rischio di infiltrazione mafiosa, e quindi devono attrezzarsi per fronteggiarlo insieme alle istituzioni». C’è anche un altro aspetto che inquieta. «È la presenza di tifosi ultrà in tutti i recentissimi casi di manifestazioni politiche estremistiche di destra, a dimostrazione che le curve possono essere anche palestre di delinquenza comune, politica o mafiosa e luoghi di incontro e di scambio criminale».