Sala: “Mihajlovic può fermare Sarri; Insigne il mio preferito, Mertens deve tornare sulla fascia!”

Le sue finte e i suoi dribbling preludevano quasi sempre alla confezione di un passaggio vincente, anche se a quell’epoca non si chiamava ancora assist. «Ma i piedi buoni non bastano, bisogna anche avere la cattiveria nella cose che si fanno. Altrimenti la tecnica da sola non serve a molto». Claudio Sala, 70 anni compiuti a settembre, è un doppio ex di Torino-Napoli un po’ per forzatura: 11 anni con i granata (con cui ha vinto lo storico scudetto del 76) e uno solo con gli azzurri. Anche se era il primo in A.
Possiamo chiamarla ancora Poeta del gol? «Ma anche Poeta dell’ultimo passaggio. Pulici me lo diceva sempre: quel che conta è che tu faccia arrivare la palla a me, poi ci penso io».
Il suo primo anno tra i grandi proprio al Napoli. «A venti anni mi ritrovo a giocare con Altafini, Sivori, Nielsen, Zoff; Omar e José, che non voleva mai fare l’attaccante, si contendevano la maglia numero 10 che Chiappella nelle ultime giornate diede anche a me. Ero lontano mille chilometri da casa, una nostalgia continua: per fortuna c’erano Pogliana e Salvi che erano lombardi come me che mi aiutarono a vivere meglio la città e a farmela amare».
Però rimase solo una stagione. «Bonetto mi ha raccontato come andò realmente: lui andò da Ferlaino e chiese il prezzo del mio cartellino. Il presidente del Napoli, per spaventarlo, sparò una cifra folle: mezzo miliardo di lire. Un modo per farsi dire di no. Dopo 20 minuti Bonetto tornò con l’offerta da 470 milioni. Ferlaino prese tempo, disse che si sarebbe dovuto andare prima a comprare una cravatta: allora lo presero di peso e gli dissero no, ora viene e firma la cessione».
Al Torino è stato una della bandiere. Come adesso è Belotti? «Il Gallo è fondamentale per il Toro che dipende dalla sua vena realizzativa: la differenza tra i punti in classifica di quest’anno e quelli dello scorso la fanno le sue reti. Ora sono appena 3, un anno fa di questi tempi 13…».
Meglio Mertens, quindi? «È un attaccante che secondo me farebbe meglio a tornare sulla fascia, salta l’uomo come pochi. E io di finte e dribbling un po’ me ne intendo».
Il belga preferisce segnare alle corse sulla fascia. «Pure io avevo lo stesso pensiero. Anche perché mi piaceva essere il Poeta del gol, come mi avevano soprannominato i tifosi della la Curva Maratona».
Bello pure Dio perdona, Sala no. «Radice ci faceva giocare all’olandese, pressing e tocchi di prima. Un po’ come il Napoli di Vinicio, ma noi meglio…».
Mertens e Belotti cosa hanno in comune? «Il granata è una punta più vera. Però mi piace la loro cattiveria: quando arrivi a un certo livello, per migliorare hai bisogno di quella. E servono esempi importante: a me al Toro era Ferrini, il mio capitano. Avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di vincere una partita».
Anche lei ammira il gioco di Sarri? «Certo. Sembrava impossibile in Italia trovare di nuovo una squadra che facesse tutto il possesso palla che fa adesso il Napoli. È un peccato che sia un po’ in calo, forse il motivo è legato alla stanchezza di chi ha giocato troppo spesso».
Si tiene Mihajlovic sulla panchina del Toro? «Mi piace la spregiudicatezza del suo gioco. E anche la sua aggressività. Può fermare Sarri».
Però il Napoli può strappare alla Juve lo scettro della serie A? «Quel che conta è che i bianconeri non siano già avanti di 5 o 6 punti. Penso che gli azzurri siano i primi rivali. Ma anche Inter e Roma sono in corsa».
Cosa le piace di più del Napoli? «Insigne. È uno dei pochi che punta l’uomo, che prova a saltarlo. Sono stato tra i primi ad andare a Frattamaggiore a osservarlo e consigliai subito al Torino di prenderlo. Mi sa che però lo scartarono perché era troppo basso. Come se per giocare da esterno c’è bisogno di essere dei giganti».
Il Var è una bella novità? «Magari ci fosse stato nel 1972: in un Sampdoria-Torino in cui ci giocavamo lo scudetto, Lippi respinse la palla oltre la linea bianca, ma lui ha sempre giurato che era molto prima. Ecco, col Var e la tecnologia avremmo potuto dimostrare che aveva detto il falso».

Il Mattino

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