«Grigi e gialli, Maurizio ha ragione sui colori sociali non si scherza». I pareri dei Vip

La Kombat Karbon della Kappa contro il giallo Adidas omaggio alla città di Torino il cui simbolo è uno scudo con sfondo blù cui è sovrapposto un toro rampante d’oro. Napoli-Juve proiettata nel futuro ma quanto era più bello il passato con gli Azzurri e i Bianconeri che si affrontavano a suon di gol segnati da Jeppson e Parola, da Maradona e Platini. «Speravo di morire prima di vedere Napoli-Juve giocata con le magliette grigie e gialle», ha detto in conferenza stampa Sarri, che nella scorsa stagione aveva visto giocare la sua squadra con casacche bianche molti mesi per scaramanzia. Non gli dà torto Maurizio Marinella, un imprenditore per il quale coniugare la tradizione con l’innovazione, a proposito di colori, è la sfida di ogni giorno. «Personalmente sono un nostalgico – dice – la vecchia maglia azzurra mi dà sempre un pizzico di emozione. Ma trovo bella anche la blù mentre la grigia mi entusiasma di meno. Meglio quella degli anni passati. Capisco la dichiarazione di Sarri anche perché significa l’attaccamento ai nostri colori». Ma alle esigenze di marketing non si scappa anche se Napoli-Juve doveva essere giocata «con le maglie tradizionali». L’attore Gino Rivieccio commenta il tema fissando inerme il soffitto dopo la sconfitta azzurra: «Mia moglie mi ha detto: ma è per la sconfitta del Napoli? Beh, solo questa domanda è per me causa di separazione – scherza, ma non troppo – Sarri ha ragione. Ci siamo abituati al calcio spezzatino. Tra un po’ vedremo il primo tempo il sabato sera e il secondo la domenica. Ci siamo abituati agli sponsor sulle maglie che sembravano un’aberrazione, ci abitueremo anche a questo ma certo che stiamo perdendo i punti di riferimento anche nel calcio».
Dagli Stati Uniti, patria del merchandising, l’oncologo Antonio Giordano aggiunge: «A me la maglia grigia non dispiace ma, indipendentemente da questo, questo è il calcio moderno. Diritti tv, marketing, sponsor, la parte nostalgica viene superata da molti parametri. Alla fine sono i risultati quelli che creano la forza del brand. Noi, artigianalmente, dobbiamo inventarci sempre qualcosa». Cesare Casiraghi, tifoso juventino, è il pubblicitario che ha inventato campagne come quelle della Zucca di Ing direct, Pittarosso o Agos Ducato, entrate nel patrimonio comune. «Sono arrivato a casa a partita in corso. I primi due secondi ero spiazzato e mi sono chiesto: qual è la mia squadra? Il problema è che si deve trovare l’equilibrio. Oggi il merchandising è possibile perché c’è una identità di squadra e colori. Il rischio è quello di andare a sperperare un capitale in nome di un guadagno immediato, tendenza generale delle aziende e del managment. Ma a lungo andare può essere un boomerang perché il tifoso vuole che l’identità non sia toccata se non in qualche eccezione. E come se si vendesse la propria casa vano dopo vano. Alla fine non resta più niente». Il paradosso è un futuro con il Napoli in bianconero e la Juve in azzurro: «Sarebbe un bel colpo ma isolato. Se ne venderebbero tantissime. Se non altro per essere bruciate».

Fonte: Il mattino

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