L’editoriale di Ciccio Marolda sul CdS:
Il fascino e il mistero. No, non quelli del pallone. Quelli dei processi della mente che portano alle decisioni. Come quella di giocare mezza partita male e mezza bene. Ma si sa, ogni scelta contiene una rinuncia. “Costo psicologico” lo chiamano quelli che ne sanno. Ebbene, stavolta la rinuncia aveva i nomi di Jorginho e Allan, mentre il “costo” poteva essere quello della Champions. Perché, diciamo la verità, per un tempo e un poco questo s’è temuto. Per un tempo e un poco a Fuorigrotta s’è vissuto di tristezza e di rimpianti. Perché era chiaro a tutti che almeno il secondo posto del girone era – e infatti resta – alla portata delle geometrie napoletane, dei piedi eccellenti di almeno mezza squadra, del destro elegante e straordinario del brasiliano apripista e salvatutti di Frattamaggiore. Tristezza. Dispiacere. Persino un po’ di collera per com’è stava andando. Ma si sa, le scelte – quelle libere, non quelle obbligate – possono anche non essere felici. Però basta poco per ribaltare tutto. Basta ricominciare a credere nella possibilità d’andare avanti e a obbedire alla logica d’un gioco fatto di rapidità e di misure giuste. E anche di assolute novità. Come un mediano per un attaccante. Non era mai accaduto, ma quando ci vuole, quando è necessario, va bene così. E questo non vuol dire rinnegare idee e passato. No, questa è duttilità. E’ intelligenza. E’ applicazione di nuove soluzioni. E’ superarsi e crescere. Chissà se il Napoli ce la farà ad andare avanti in Champions. Chissà se il City ieri un po’ svogliato avrà voglia di non riposarsi Ucraina il sei dicembre. Però, comunque vada, questa partita rende più forte il Napoli pensando al campionato. Lo rende più completo perché ricco, ora, anche di nuovi disegni. Tattici, è ovvio. Che trasformazione, infatti, dal primo al secondo tempo. E che rimpianti per quella partita dell’andata. Già, ma per colpa di chi? Per colpa della luna. Sì, della luna. Di quella luna che, ormai è chiaro, sovrintende alle presenze di Zielinski e Diawara uno di fianco all’altro. Perché è così: giocano assieme solo una volta al mese. Più o meno ogni trenta giorni. Più o meno ogni luna nuova. Così in campionato, così in coppa. Insomma: una coppia sinodica, quella formata da Zielinski e Diawara. Forse la prima della storia del pallone. Di sicuro la prima della storia azzurra. Ma, come si dice: tutto è bene quel che finisce bene. Almeno per adesso. E forza City, si capisce.