Sono cambiate troppo in fretta le abitudini dei ragazzi. E’ cambiato il loro mondo nel settore giovanile. E lo fa di continuo. Da ragazzini dilettanti sono diventati ragazzini professionisti. Tutti, anche quelli che giocano nelle squadrette di borgata. Hanno tutti la stessa divisa, tutti le scarpe multicolore (Ferguson imponeva ai ragazzi delle giovanili del Manchester United di indossare in campo solo scarpette nere), tutti lo stesso ciuffo. E soprattutto giocano tutti sullo stesso tappeto artificiale. E quello è il problema. Non c’è più differenza, quando invece la tecnica dovrebbe essere per natura diversa fra un giocatore e l’altro. Ma il controllo del pallone, se sai che il pallone finirà lì per forza, riesce a tutti. Li devono portare in piazzetta, nei giardini polverosi d’estate e d’inverno motosi, il rimbalzo irregolare deve diventare la regola.
Forse è un’impressione, ma oggi si divertono di meno ad allenarsi. Gaber direbbe che i ragazzi devono riprendersi le piazze, le strade, devono palleggiare dove non si può palleggiare e i portieri devono tuffarsi sapendo che il pallone forse arriva lì o forse no. E’ tutto troppo omologato, tutto protocollato. Tutto scontato. C’è bisogno di fantasia per i giovani, di allegria, di armonia. Oggi ogni ragazzo gioca per se stesso, stressato dalle ambizioni dei genitori. I vivai stanno perdendo la loro funzione, si stanno trasformando in centri di illusione permanente. Ed è un problema non solo per il calcio.
Fonte: CdS