Il terzo Sarri, mai così!
IL PRIMO. Sei vittorie e sei pareggi, per cominciare, quando fu riscritta (e per davvero) la Storia, quando il Napoli si lanciò verso lo scudetto e forse, all’inizio, neanche fu consapevole di ciò che stava per creare: andamento lento, non ancora autorevole né autoritario, in quel campionato che svoltò alla nona a Torino (vittoria in casa della Juventus) ma che comunque tra la undicesima e la dodicesima conobbe due 0-0, uno con il Verona e un altro a San Siro con il Milan. Dodici partite e la squadra verticale, anzi geniale, pardon Ma.Gi.Ca. (però Maradona, Giordano e Carnevale) che arriva a diciassette reti: eppur bastò, poi nelle successive diciotto partite, per andarsene a spasso tra le stelle e godersele.
IL SECONDO. Sette vittorie, cinque pareggi, pure quella volta un pareggio alla dodicesima – ma al San Paolo con la Sampdoria – e comunque la prova provata d’una forza, di una consistenza, di una dipendenza da Diego (capocannoniere, in quel momento) con sei gol su diciannove dei suoi. Ma fu sufficiente lasciare il segno, dimostrare agli avversari di essere di nuovo il Napoli pure nel campionato a diciotto squadre, per prendersi il secondo scudetto.
E ADESSO. Alle generazioni che non l’hanno visto, ma lo avranno spiegato, parrà netta la distanza, altrimenti rappresentata con una serie di calcoli: il Napoli di Sarri (come quello di Bianchi e di Bigon) non ha mai perso, ha quasi sempre vinto, ha lasciato per strada un paio di pareggi (contro l’Inter e poi con il Chievo), ha un Mertens che va ad una velocità supersonica (siamo a dieci gol per lui) e rispetto ai nobili predecessori della prima impresa ha fatto peggio soltanto in difesa, perché di reti ne ha subite otto.
Fonte: CdS