“NAPOLI CAPITALE”
Sembra quasi d’essersi persi nello spazio: e in quell’astronave, diamine, c’è vita. E’ un altro mondo e l’atmosfera pure è cambiata: non s’avvertono neppure gli impolverati luoghi comuni, e la musica di sottofondo appartiene ad un universo nuovo fuori ed anche dentro se stesso. La città del calcio resta inghiottita, forse rapita, magari stordita, da quell’esempio di (rara) Grande Bellezza che capovolge l’archetipo del (vecchio) made in Italy: stavolta è football verticale, quasi danzato, certo smaltato, lucente e luccicante da abbagliarsi. Eccola qui, Napoli la capolista che sta persino aspettando il Manchester City per provare a fare qualcosa di più grosso di lei: è così fedele a se stessa e a quell’immagine rivoluzionaria nella quale ha lasciato germogliare la sua fresca natura. L’avverti mentre sciama verso il san Paolo, oppure se ne torna a casa, gioiosamente placida, per essersela goduta ancora una volta, lasciando nel porta-ombrelli l’anima pirotecnica che s’è costruita addosso. C’è una espressione inedita, sarà forse il Terzo Millennio o magari le sofferenze (del Fallimento) e le delusioni (numerose) delle generazioni che le hanno raccontato, e un’atmosfera allegra e contagiosa che non trascende più nell’euforia sguaiata: è una questione di stile, come se il Napoli avesse trasmesso le tracce del proprio codice genetico, e i cinquantatremila (e 609) di domenica se ne fossero impossessati ed ognuno, con un passaparola, avrebbe poi suggerito ch’è cosi che si fa, in punta di tackle, uno-due e via, verso l’ignoto, che può essere anche un orizzonte di sgargiante verdebiancoerosso, ma non si dice.
Fonte: CdS