Ecco l’intervista integrale
IL filo conduttore è la Grande Bellezza, in campo e fuori. «Giocar male e vincere? Ci metterei subito la firma, in cambio dello scudetto. Ma è stato il nostro calcio a portarci quassù ed è soltanto continuando su questa strada che possiamo sognare di rimanerci: senza alternative o scorciatoie, divertendoci e divertendo i nostri tifosi, con cui condividiamo ogni giorno le emozioni di un posto unico al mondo, che ogni mattina mi dà la sveglia con il sole e con un sorriso…».
Dries Mertens ci vive da re, a Napoli. «Non dimentico come sono stato accolto, quando ero un signor nessuno e tutti si facevano in quattro per farmi sentire a casa mia: mica solo adesso che sono sulla cresta dell’onda e le tante attenzioni che ricevo possono sembrare la normalità…», racconta con gratitudine l’attaccante belga, che in quattro anni s’è legato alla città in una maniera viscerale. «Ne conosco ogni angolo, anche le zone dove mi sconsigliano di andare. Qualche mio collega ha rifiutato il club azzurro? Peggio per lui, allora: non saprà mai tutto quello che s’è perso».
That’s amore, Dries Mertens: può raccontare com’è cominciata? «Nel 2010 venni a giocare a Napoli da avversario, con l’Utrecht. Mi colpì la cartolina: Vesuvio e lungomare. Tre anni dopo arrivò la chiamata di Benitez e mi tornò in mente quella giornata di sole. Feci un sopralluogo con la mia futura moglie e decidemmo subito che era il posto giusto per noi. Non ce ne siamo mai pentiti»
Di più: sui social siete diventati dei veri e propri testimonial della città… «È vero, ma ci viene naturale, il merito è della bellezza che ci circonda: Pompei, Capri, ma anche i vicoli dei Quartieri Spagnoli. Le racconto un aneddoto. La migliore amica di mia moglie ha un’agenzia di viaggi: prima indirizzava i suoi clienti in Grecia, Spagna, Turchia. Adesso la principale opzione è sempre Napoli, dove anche io ricevo ogni volta che posso colleghi, amici e conoscenti. Lo sa che la mia casa ormai assomiglia a un hotel?».
È un amore ricambiato: i tifosi del Napoli le hanno addirittura modificato il nome, da Dries a Ciro. «In realtà all’inizio ero diventato Ciro Martinez: il nome che il gestore del bowling scriveva sul display per i punteggi, nel tentativo di non farmi riconoscere. Poi ovviamente mi hanno scoperto lo stesso. E ora sono Ciro Mertens».
Stare tra la gente non le dispiace, però. «Affatto. Non ho figli e dunque passo meno tempo in casa, rispetto ai miei compagni. Forse è per questo che ho legato in maniera speciale con la gente di Napoli. Mi piace quando entro in una pizzeria e vedo sulla parete la mia foto. Con la città ho un rapporto diretto, in Belgio non ero abituato a un calore del genere».
Suo padre era campione di ginnastica, sua madre docente universitaria. Come nasce il Mertens calciatore? «A quattro anni: vado a vedere un allenamento di mio fratello e scappo a giocare con i bambini più grandi, di nascosto. Un allenatore se ne accorge: invece di sgridarmi dice a mio padre di riportarmi lì il giorno dopo».
Aveva già un idolo, un campione da imitare? «No, non vedevo le partite in televisione. Avevo due pali e una traversa montati in giardino, il passatempo delle mie giornate. In Belgio piove spesso, ma nei miei ricordi di bambino ci sono soltanto delle partite interminabili, come se splendesse sempre il sole. Ho studiato per far contenta pure mia mamma: però l’allegria era quel pallone da spedire nella porta»
È sempre stato un attaccante? «No, sono nato centrocampista, poi ho fatto la punta esterna, a 30 anni ho iniziato a fare il centravanti. Avanti tutta».
Si aspettava di diventare così forte in questo nuovo ruolo? «Sono cresciuto innanzitutto grazie alla continuità, che partendo spesso dalla panchina prima non avevo. Ma è grande merito anche del calcio di Sarri, che sembra fatto su misura per me. Amo giocare con il pallone rasoterra e le triangolazione veloci: i punti forti e distintivi del Napoli. E poi mi trovo benissimo con Lorenzo Insigne, con cui non devo più lottare per un posto. Parliamo lo stesso linguaggio tecnico e siamo migliorati insieme. Spero tanto che l’Italia si qualifichi per il Mondiale.”
A trent’anni una nuova vita da centravanti esaltato dagli schemi di Sarri, la vetta della classifica e la nomination al Pallone d’oro Il nuovo re di Napoli “Inseguo la bellezza se vogliamo lo scudetto non ci sono scorciatoie”
Lei ce l’ha già fatta, con il Belgio. «Sì, ma la Russia è lontana. Prima ho tanti obiettivi da raggiungere con il Napoli, sogni da realizzare».
Il primo lo ha già centrato: la nomination per il Pallone d’oro. «Inaspettata, anche se per quello che ho fatto nella scorsa stagione sento di meritarla. Ma è lo stesso una sensazione speciale essere tra i 30 giocatori migliori d’Europa».
Ed essere primi in classifica con il Napoli com’è, Mertens? «Non una sorpresa: quest’anno siamo partiti per provare a vincere lo scudetto, anche se le avversarie sono tante e soprattutto la Juventus resta sempre la favorita: per la mentalità e la qualità del suo organico».
Qual è il gap più difficile da colmare? «Come mentalità ci siamo avvicinati, con il nostro gioco dobbiamo ora provare a limare la differenza complessiva di talento che c’è tra noi e i bianconeri».
Roma, City e Inter in sette giorni: è già il momento della resa dei conti? «Saranno tre partite importanti, per il campionato e anche per la Champions: un altro obiettivo a cui teniamo molto. Ma in ogni gara ci sono tre punti in palio e gli scudetti si vincono pure battendo Verona e Benevento».
Vox populi: il Napoli o vince quest’anno o mai più, lo pensa anche lei? «No, ma penso che dal primo scudetto del Napoli sono passati 30 anni e stiamo per fare cifra tonda…».
Dries Mertens, stesse iniziali di Diego Maradona… «Lui ha fatto la storia azzurra e imitarlo è il sogno di tutti noi: non solo il mio. Ci proveremo fino alla fine. Vincere qui sarebbe tutta un’altra cosa: Napoli è speciale».
Fonte: Repubblica