Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più. Il riconoscimento ufficiale – l’attestato di credibilità europea – per Maurizio Sarri è arrivato poco più di un mese fa, quando Pep Guardiola disse che il Napoli giocava il miglior calcio d’Italia. Quando il complimento arriva da cotanto pulpito, è chiaro che la platea allunga il collo all’unisono e va a vedere come gioca la squadra allenata dall’uomo in tuta che sta provando a ribaltare le gerarchie del campionato italiano. La notizia è che Sarri è entrato a far parte ufficialmente dell’élite degli allenatori d’Europa. Sarri è la dimostrazione vivente di come, anche senza aver vinto niente, si possa essere un modello per molti. Non ha curriculum in Champions League, è arrivato tardi – passati i cinquanta – nei cinema di prima visione; ma ha saputo fare di quello che banalmente chiamiamo «bel gioco» il piedistallo della sua filosofia.
La compagnia che con lui siede nelle panchine delle regine d’Europa è l’eccellenza disponibile in questo momento storico. Per dire: Guardiola e Mourinho. 21 trofei in bacheca per Pep, 25 per Josè. Non solo. Siamo di fronte a due visionari che resteranno nella Storia anche tra cent’anni, i due allenatori più famosi e vincenti nei Duemila. Unay Emery nel suo piccolo – si fa per dire – molto ha già conquistato. L’allenatore del Psg vanta 7 trofei, tra cui 3 prestigiose vittorie in Europa League (solo il Trap ha vinto quanto lui). Detto che Ernesto Valverde del Barcellona ha vinto tre titoli e due coppe di Grecia (con l’Olympiakos) e una supercoppa spagnola (con l’Athletic Bilbao); persino l’olandese Peter Bosz, fama da duro, uno che dà le pagelle ai suoi giocatori, oggi alla guida del Borussia Dortmund, ha un paio di coppette (una B olandese e un campionato dilettanti) più di Sarri. Che non ha ancora vinto niente, ma sta dando lezione a tutti.
Fonte: CdS