Decimo rigore parato: Reina fa l’ipnotizzatore
La storia degli undici metri l’abbiamo cantata e l’abbiamo imparata a memoria: non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Ma vogliamo analizzarla dal punto di vista del portiere? E’ il momento della verità, modernissima forma di duello che, dalla regia, andrebbe sempre raccontato e montato come un western: campo e controcampo e via il dettaglio, sugli occhi, sui piedi, sulle mani. Martedì sera Pepe Reina ha incrociato lo sguardo di Jens Toornstra e gli ha detto: «Ragazzo, da qui non passi». Un tuffo sulla sinistra, il boato del San Paolo: per la decima volta nella sua carriera, il duello in campo l’ha vinto lui, non l’avversario che gli stava a undici metri e qualche passo di distanza.
Riscatto. Quel tuffo ha un doppio significato. Sul piano tecnico, Reina ha congelato il risultato in un momento chiave della partita: il Feyenoord non aveva fatto nulla per meritare una chance simile, eppure aveva trovato un arbitro generoso che si era dimenticato della svista clamorosa nel primo tempo a parti invertite, e a quel punto avrebbe potuto persino riaprirla la sfida del San Paolo. Sul piano semantico, c’è tutto il detto e non detto dopo Ferrara. Anche lì, in un momento chiave della partita, Reina si era fatto beffare da Viviani su punizione, quando il Napoli era appena andato in vantaggio con Callejon dando la sensazione di avere tutto sotto controllo a quel punto della partita. «Non ha fatto il paraculo e ha preso un gol da uomo», lo aveva difeso Sarri alla vigilia della Champions, alludendo al fatto che Pepe non si era limitato a badare al suo palo e basta, rimettendosi alla barriera. Questione di punti di vista, l’errore a Ferrara resta, il riscatto contro gli olandesi è di quelli prepotenti.
I precedenti. Toornstra non è propriamente uno specialista: è al secondo errore dal dischetto su tre tentativi. E in fondo uno specialista nel senso pieno del termine non lo è neanche lo spagnolo. Però Reina vanta nel suo album dei ricordi altre nove vittime, alcune illustrissime, da Balotelli a Samuel Eto’o. Anche quando non è riuscito a respingere o bloccare lui la conclusione, ha comunque ipnotizzato l’avversario inducendolo all’errore, coprendo bene quei sette metri e rotti che sono il suo regno.
Tutto iniziò nel 2005, quando era al Villarreal: nella vittoria esterna per 4-2 sul campo del Levante, Reina disse no a Rivera quando la sua squadra era già sul 2-0. Ci prese talmente gusto da ripetersi una settimana dopo contro il Valencia: stesso momento della gara, con i suoi avanti 2-0, e intervento decisivo contro Marco Di Vaio. In Spagna ha fatto sbagliare Eto’o in un Barça-Villarreal 3-3, poi in Premier League ha castigato anche un certo Wayne Rooney in uno United-Liverpool 2-1 del 2010: la cronaca dice che poi l’attaccante dei Red Devils segnò sulla respinta, ma il gesto tecnico resta.
Stop a Balo. Con il Napoli è alla terza prodezza del genere. Aveva già detto no a Destro in un Bologna-Napoli 1-7, ma soprattutto aveva fermato Balotelli quella notte del 22 settembre di quattro anni fa, quando il Napoli a San Siro era già avanti di due reti. Una parata storica, perché mai nessuno prima di allora era riuscito a fermare Balo, andato sistematicamente sempre a segno. La lettura della finta del milanista, il tuffo leggermente in anticipo, quella volta sulla destra. Oggi come quattro anni fa, chapeau.
Fonte: cds