La grande bellezza, la galleria dei ricordi è un luogo incantato in cui ognuno sceglie per sé, ma ci sono capolavori che restano inchiodati nella memoria. Quando Marek Hamsik parte in un Napoli-Milan dell’11 maggio del 2008, una settantina di metri palla al piede, con finte e controfinte, battendo sul primo palo di Kalac, incredulo dinnanzi a tanta eleganza, nessuno si aspettava che accadesse. Edinson Cavani, in Napoli-Lecce, il san Paolo ondeggia, sotto quel boato a qualche manciata di minuto dallo scadere. E’ un’azione da brividi, con Grava che salva sulla porta, palla in avanti e sulla trequarti el matador la pretende, se la va a prendere, fa uno slalom poi un altro ancora, quasi perde il controllo della sfera e infine trova la conclusione da circa trenta metri. 47 minuti e 35 secondi: il destino si riscrive all’incrocio dei pali. Gonzalo Higuain diventa il Mito, perché dopo sessantasei anni sgretola il record di Gunnar Nordahl, segnando trentasei reti in un campionato intero: l’ultima, per infiocchettare la favola, è la più bella di tutti, un capolavoro assoluto, nel clima da pathos per l’attesa dell’Evento. E’ Napoli-Frosinone, sarà l’ultima gara del pipita in magìa azzurra (ma non se ne ha percezione), lui è spalle alla porta, intorno al limite dell’area: lascia che il pallone gli plani sul petto, andandogli un po’ incontro, poi in rovesciata scavalca il portiere e la leggenda. Ciro l’ha già fatta qualcosa del genere-Olimpico: contro il Torino, allo stadio san Paolo, nel giorno della sua quaterna, con un pallonetto che da destra, incrocio dell’area, va a planare nell’angolo opposto della porta di Hurt. E’ la prima rappresentazione di Maramertens, che un po’ «scimmiotta» quel fenomeno al quale viene accostato per l’esecuzione. Ma tra i capitoli della Grande Bellezza bisogna inserire, naturalmente, anche Lorenzino Insigne, che regala una perla al «Santiago Bernabeu», lasciandolo ammutolire nella più classica delle verticalizzazioni del calcio di Sarri: Hamsik lo vede centralmente, lo lancia e lo scugnizzo, quando sta ancora intorno ai trentacinque-quaranta metri da Keylor Navas, scorge il portiere lontano dai pali e lo batte con un missile terra-terra che va ad infilarsi nell’angolino basso.