Per un rigore, c’erano una volta un rapace, un brasiliano ed un capitano…

Un rigore, sì, quello della “simpatica discordia”. Ieri, in Napoli-Benevento, al Napoli ne son stati fischiati due, ma è quello decretato allo scadere a far discutere. In questo caso non per la sua veridicità, per l’intervento lento del Var o per le decisioni dell’ arbitro, no…Il “problema”, che poi problema non è, è chi deve andare sul dischetto. Allora può capitare che ci sia un falso nueve che più vero non si può, che vuole quel rigore per incrementare il suo bottino personale; un brasiliano, anche lui rigorista, che lo tirerebbe volentieri, visto che il falso nueve di cui sopra la sua personale doppietta l’ha già messa a segno; ed un allenatore che, dalla panchina, urla e strepita affinchè quel rigore lo tiri il capitano della squadra, perchè è in un periodo delicato, perchè gli darebbe senz’altro morale, perchè lo avvicinerebbe al record di un mito. (Maradona n.d.r). Alla fine a battere il penalty ci va il rapace, perchè il capitano forse fa finta di non sentire il tecnico, o non se la sente di togliere il piacere di portarsi il pallone a casa all’ amico goleador, o perchè, semplicemente, non è nella sua indole imporre qualcosa a qualcuno. Il rapace di cui tanto si parla, al secolo Dries Mertens, durante le interviste del dopo gara ha dichiarato di non aver sentito Maurizio Sarri che chiedeva fosse Hamsik a battere il rigore, e sull’ altro rigorista, ai microfoni di Premium Sport aggiunge: “Il mister dice sempre che siamo io e Jorginho a doverli tirare, lui ha tirato quando c’erano la mamma e la sorella e glieli ho lasciati, oggi non potevo lasciare”. “Bisogna sfamare l’animale Mertens” decreterà più tardi ai microfoni televisivi il tecnico della squadra partenopea, qualcuno che è partito come “falso”, ma che si porta dentro una fame vera, vera assai. 

a cura di Gabriella Calabrese

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