“Una «bravata». Tre volte la Corte d’Appello usa il termine nel motivare lo sconto di pena (da 26 a 16 anni) a Daniele De Santis, reo dell’omicidio volontario di Ciro Esposito”.
Scrive il Corriere della Sera, edizione romana, in prima pagina. Fulvio Fiano riporta le motivazioni della sentenza d’appello. Per i giudici quello di De Santis non fu un agguato ma una «scomposta azione dimostrativa. Non si capisce come lo si possa ritenere l’esca. Questa tesi appare frutto di una suggestione successiva ai fatti e prodotto di una elaborazione collettiva».
Insofferente ai napoletani
Elaborazione collettiva. Proprio così. Secondo i giudici la versione – frutto di elaborazione collettiva – sarebbe esclusa dalla logica. La stazza di De Santis escluderebbe l’ipotesi. I giudici negano anche la presenza di complici, sarebbero ragazzi in scooter attratti dalla confusione e poi fuggiti. Così riporta il Corriere della Sera in riferimento ai fatti del 3 maggio 2014 giorno della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina all’Olimpico di Roma.
Per i giudici, la verità è semplice: De Santis è uscito dal Ciak Village perché «insofferente» alla presenza dei tanti tifosi napoletani che invasero Tor di Quinto lanciando petardi e fumogeni, «alcuni gioiosamente, altri meno». Poi, sempre secondo il giudice, è De Santis a cercare di ripararsi dietro il cancello, e qui viene colpito con un pugno da Ciro. Dopodiché apre il fuoco con la pistola che già impugnava «perché consapevole dei rischi della sua tragica bravata».
Niente agguato, niente reato di rissa (da qui nasce lo sconto di pena). E non a caso, adesso, per gli avvocati Tommaso Politi e David Terracina, ci sarebbero gli estremi per la legittima difesa.
Fon te: Il napolista