C’è un Napoli, abbondante, che per Pecchia non ha segreti, nelle abitudini, nelle tendenze a giocare, nei suoi enormi pregi, magari negli umanissimi difetti: perché quando è stata posata la prima pietra di questa squadra di spessore elitario, tanto piede e tantissima autorevolezza, ad accogliere Reina ed Albiol, Ghoulam e Koulibaly ma anche Jorginho e Callejon, Mertens e Rafael e complessivamente una dozzina di carissimi amici, sull’uscio di Castel Volturno c’era un uomo che memorizza e non dimentica, che studia e poi agisce, che argomenta e infine (semmai) arringa: e lo conoscono, certo che lo conoscono, quei dodici «apostoli» di una nuova era, avviata nel 2014, e sanno bene che conviene diffidare.Corriere dello Sport