Quando i giornali svelarono l’affare, dai quattro angoli della Penisola salì un’ondata di sdegno. Ma come, l’Italia va in pezzi, il prodotto interno lordo cala, la disoccupazione tocca livelli record, e c’è chi spende due miliardi di lire per acquistare un giocatore? Due miliardi, vale a dire mille anni di stipendio per un impiegato medio. Nel 1975 argomenti di questo tipo facevano ancora presa, eccome. La pietra dello scandalo fu la rocambolesca trattativa che nel luglio di quell’anno portò a Napoli Giuseppe Savoldi, straordinario cannoniere del Bologna. Un affare che stravolse i labili parametri del calcio mercato e tracciò la strada per gli anni a venire. In quella estate del 1975 il presidente del Napoli Ferlaino sente lo scudetto a un passo. La squadra, guidata da Vinicio con metodi moderni e coraggiosi (anche un accenno di zona), è arrivata terza due anni prima, poi addirittura seconda, a due punti dalla Juventus. Manca davvero poco per colmare il gap. Si sa che il presidente del Bologna, Luciano Conti, ha bisogno di dare ossigeno alle casse, e così nasce l’idea di acquistare il bomber, che da solo segna la metà dei gol rossoblù. I due presidenti si vedono una prima volta a Roma il 28 giugno, giorno della finale di Coppa Italia all’Olimpico fra Fiorentina e Milan. Nell’occasione, Conti chiarisce che Savoldi è, sì, cedibile, ma in cambio del “Gringo” Clerici, centravanti del Napoli, e di tanti, tanti soldi. Si può fare, risponde Ferlaino e si combina l’incontro per i primi di luglio a Milano.
MONGHIDORO.
Nel frattempo Franco Janich, diesse del Napoli nonché vecchia bandiera del Bologna, parte e va a Monghidoro, il paese di Gianni Morandi, dove Savoldi sta trascorrendo qualche giorno. I due sono stati anche compagni di squadra per due stagioni. Ciao Beppe, verresti a Napoli? Come no, la risposta immediata. Ingaggio proposto, una settantina di milioni. Il bomber accetta, la moglie scuote la testa: «Potevi chiedere di più». L’incontro milanese tra i presidenti avviene il sette luglio non all’Hilton, dove impazza il circo Barnum del calciomercato, ma all’Hotel Principe di Savoia. Janich prende un foglietto di carta intestata dell’albergo e butta giù una bozza di accordo, che i due presidenti firmano come impegno reciproco: Savoldi al Napoli in cambio di 1400 milioni, più Clerici e la comproprietà di Rampanti. Poiché la contropartita in giocatori è valutabile in 600 milioni, l’intero affare assume la valutazione monstre di due miliardi, mai neanche sfiorata in precedenza.
MINACCE.
Ferlaino e Conti si rivedono il giorno 9, quando i giornali hanno già sparato la notizia. Presenti al summit anche Janich, il diesse del Bologna Montanari e il tecnico rossoblù Pesaola. Ci si aspetta una rapi Reduce da un secondo posto, la squadra di Vinicio cercava il bomber con cui poter impensierire la Juventus. E fu sacrificato Clerici da chiusura, ma l’affare prende una piega inattesa. Ci ho ripensato, dice Conti, adducendo minacce arrivate a lui e alla sua famiglia. Per altri, il vero motivo è nelle pressioni della Juve, che vorrebbe il giocatore. Ferlaino però non è disposto a cedere. «A quel punto – ricorda oggi Janich – il presidente del Bologna assunse un comportamento aggressivo, tanto che Ferlaino mi disse: la carta firmata è nella cassetta di sicurezza dell’albergo, se mi capita qualcosa la prenda lei. Janich non vorrebbe dire di più, ma il particolare della pistola che balenò sotto la giacca di Conti è stato confermato da altre fonti. «Vabbè, è passato tanto tempo, magari era una pistola giocattolo…». Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1975, dopo ore di tensione, Conti si convince e dà il via libera. L’affare Savoldi rompe gli argini: presto, complice anche la galoppante inflazione di quegli anni, il muro dei due miliardi sarà più volte superato, fino a sgretolarsi nell’indifferenza.
Fonte: CdS