Corrono tutti da lui, da Mino il fenomeno. L’ultimo a cadere nella tentazione è Lorenzo Insigne, meraviglia delle meraviglie. Ma come, vuol lasciare lo storico gruppo di agenti che lo segue dal lontano 2007, quando gli Insigne pare che non navigassero nell’oro e toccava a loro persino badare all’essenziale? Ebbene sì. Insigne ci sta pensando. O meglio, al suo posto lo sta facendo papà Carmine. È lui, l’inseparabile alter ego di Lorenzo ad aver deciso che è arrivato il momento di sbattere la porta in faccia al trio Della Monica, Andreotti e Ottaiano e di guardare avanti. O meglio, altrove. E a chi? All’uomo che nell’immaginario popolare dei calciatori (e dei loro parenti che non si staccano di dosso) è assurto al ruolo di eroe con superpoteri, un onnipotente artefice della felicità. Qualcosa si è incrinato tra papà Carmine e gli (ex?) amici agenti dell’enfant prodige di Frattamaggiore dopo la firma del rinnovo con De Laurentiis. Il padre di Lorenzo è rimasto infastidito da qualcosa e allora ha pensato bene di spiegare che i matrimoni non è detto che durino così a lungo. E allora ecco che Mino, allertato, ha mandato in missione il cugino Enzo (lo stesso che partì per la Polonia per andare a ricucire lo strappo con Gigio Donnarumma, il portiere bambino che Mino ha mosso a lungo come un joystick). Enzo Raiola, che un po’ tutti abbiamo cominciato a conoscere nelle ultime settimane, a papà Carmine ha mostrato il campionario dei successi personali con un sorriso da piazzista.
Carmine lo ha ascoltato con interessata ammirazione: d’altronde parlano i fatti, visto che alla fine ha convinto il Milan a prendere tal Antonio Donnarumma per 450 mila euro solo perché fratello di Gigio. Insomma, un fenomeno. Ah, queste famiglie: quando si mettono tra i piedi, rovinano tutto. Ovvio, la procura che lega un giocatore a una società ha pur sempre il suo valore (e ce ne sta una che lega Insigne ai tre procuratori), ma con i milioni che girano liberarsi pagando una penale sarebbe un gioco da ragazzi. Raiola deve avere delle doti magiche e se riuscisse a far rompere anche quello che sembrava un idillio tra Andreotti e company e gli Insigne sarebbe da studiare nei manuali di diritto matrimoniale: anche perché era pure lui il terzo incomodo tra Verratti e Di Campli, l’agente abruzzese che ha conosciuto il golden boy del Psg quando aveva 15 anni e con cui vi è stata rottura dopo una sua improvvida intervista pochi giorni fa.
Carmine pare faccia sul serio: ed è per questo che, per prima conseguenza dello strappo avvenuto a maggio, abbia detto ai tre di non occuparsi di Roberto, l’altro calciatore della famiglia accasatosi al Parma. Non è una storia semplice, questa. Ballano i contratti, i legami, le clausole. I sentimenti, si sa, non sono contemplati. Se papà Insigne ha un problema, o ha avuto un problema, ecco allora che il rimedio prevede di rivolgersi all’Harvey Keitel del pallone, quello che in Pulp Fiction dice «sono Wolf e risolvo i problemi». Tranquilli, i problemi li risolve Mino. Perché se vuole, Mino, rivende anche la Fontana di Trevi, come fece Totò. Vedremo se la rottura si concretizzerà oppure no. Certo, se c’è lui difficile che si possa accontentare della percentuale del 7 o del 10 per cento sul rinnovo di contratto (Insigne ha rinnovato per 4,5 milioni): per lui, che portando Pogba al Manchester United ha intascato commissioni per 50 milioni di euro, sarebbe spiccioli. Magari da dare ad altri.