La pratica sportiva continuativa in Italia sta vivendo il suo momento d’oro, complice il messaggio veicolato quotidianamente che fare sport è importante per il proprio benessere psicofisico a tutte le età. I dati Istat ci raccontano che sono quasi 15 milioni gli italiani dai 3 anni in su che praticano sport in modo continuativo aumentando di oltre 2 milioni solo negli ultimi 3 anni (per vedere una crescita della stessa numerosità dobbiamo guardare ad un periodo quattro volte più lungo, dal 2001 al 2013). Le percentuali più alte si hanno tra i bambini dai 6 ai 14 anni e, dato molto interessante, la determinante principale della pratica sportiva dei ragazzi è il fatto che anche i genitori pratichino sport in modo continuativo, soprattutto se a farlo è la madre: praticare sport è un messaggio educativo che si tramanda tra generazioni. Ma al di là dell’imprinting, i genitori che ruolo hanno nell’attività sportiva dei propri figli? Per un italiano su due sono un sostegno soprattutto a livello emotivo (incoraggiano i figli a sostenere l’impegno sportivo e a viverlo nel modo corretto). Invece per i genitori che “in campo” scendono veramente, il sostegno è principalmente a livello pratico (portano i figli agli allenamenti e alle competizioni).
Che questi ultimi abbiano assistito a sostegni emotivi a dir poco discutibili? Spesso si sente parlare di episodi sgradevoli che vedono protagonisti i genitori mentre seguono i loro figli durante le competizioni sportive. Lo sport che fa più notizia al riguardo è certamente il calcio (tra l’altro lo sport più praticato) ma secondo gli italiani (49%) e soprattutto secondo coloro che sono direttamente coinvolti (67%), questi episodi sono trasversali a tutti gli sport, con una maggior accentuazione negli sport di squadra. Le società sportive possono avere un ruolo attivo in questo: dovrebbero parlare più spesso con i genitori cercando di creare un clima disteso e di collaborazione anche facendo colloqui individuali come succede a scuola (30%). Se questo non bastasse dovrebbero passare a metodi più coercitivi, multando i genitori scorretti (22%) o addirittura allontanandoli definitivamente (una sorta di DASPO in famiglia). Purtroppo il confine tra tifo e fanatismo è decisamente sottile (non a caso la parola tifo ha origine greca ed è collegata alle malattie che causano febbre alta e offuscano la mente) e in un attimo, da sostegno, i genitori si trasformano in ostacolo per i figli che vengono travolti da false aspettative o, peggio ancora, da ansie da prestazione perché sentono di dover realizzare ambizioni magari nemmeno loro ma di coloro che li hanno messi al mondo, il cui ruolo difficilmente viene messo in discussione soprattutto in giovanissima età.
Fonte: CdS