Ounas al CdS: “Il mio idolo? Cristiano Ronaldo. Maradona? Lui è leggenda”. Toto’ e Pino Daniele i suoi culti

Adam Ounas, vent’anni scolpiti nel taglio alla moda e conservati in un paio di furbissimi occhi come olive nere, conosce già i primi sacramenti napoletani: il culto di Maradona ; l’immancabile “guagliò” ; la canzone “Napule è”, e dunque Pino Daniele; e addirittura i film di Totò ). Basta per presentare alla città il primo acquisto estivo del Napoli? Sì, i dettagli fanno sempre la differenza, però Adam ha già scritto con il suo sinistro raffinato le prime pagine della nuova vita azzurra: 3 assist e 2 gol nelle amichevoli con Anaunia, Trento e Carpi – in attesa della sfida di domani con il Chievo -, e soprattutto super lavoro per sedere al banchetto di Mertens, Insigne, Callejon e Milik. Gli chef stellati. «Sono venuto qui per imparare in fretta». Una frase che nel corso della chiacchierata in francese con un interprete d’eccezione, Faouzi Ghoulam, ripeterà almeno dieci volte. E allora perché in patria lo definiscono talento ribelle? Domanda senza risposta. Come quelle personali: è riservatissimo. Ma cosa importa? Basta che continui a dare del tu al pallone e alla porta.

 

Abbia pazienza: il suo talento è purissimo, ma intorno al cognome c’è un po’ di confusione di pronuncia. Ci aiuti.
«E’ alla francese, con l’accento sulla ‘a’, ma la ‘esse’ finale si deve sentire. Ounàs».

Grazie. Lei, intanto, si è fatto sentire in campo.
«Cerco di dare sempre il massimo. Il meglio di me».

Per i tifosi venuti a Dimaro è diventato una specie di idolo in pochi giorni. Se lo immaginava?
«Non mi aspettavo nulla ed è fantastico: già arrivare a Napoli è stato un grande passo avanti, una crescita enorme. Sono felice. Chi non lo sarebbe?».

Anche al Bordeaux, in due stagioni, s’è fatto apprezzare.
«Beh, ma ora sono approdato in un nuovo campionato e devo imparare tante cose. Migliorare sotto ogni aspetto».

Perché in Francia le dicevano di essere un grande talento intermittente e discontinuo?
«Non so, etichette giornalistiche: ho sempre dato tutto. Diciamo che sono a Napoli anche per trovare la continuità».

Alla PlayStation, invece, è un asso: mega sessioni di Pes con Diawara e Contini, dicono.
«Me la cavo». E ride.

Chi capisce di calcio vero, però, ha colto subito la sua qualità: Mourinho la voleva allo United, giusto?
«La sua stima fa piacere. Ci sono stati contatti con il mio manager, però preferisco non parlarne».

Che modestia. Mou non è stato l’unico corteggiatore: nel ventaglio entrano anche Zenit e Roma.
«Non faccio nomi, ma quando è arrivata la chiamata del Napoli, a metà maggio, non ho pensato un attimo: volevo fortemente questa squadra».

Idee chiare.
«Per un attaccante è il massimo: abbiamo sempre la palla, si gioca a calcio, si segna tantissimo. Uno spettacolo».

Guardava le partite anche in Francia?
«La prima è stata Napoli-Frosinone, quella del record di Higuain: stadio fantastico, atmosfera pazzesca. Ad avermi rapito, però, è stata Napoli-Real Madrid: per cinquanta, sessanta minuti sono rimasto a bocca aperta».

Colpo di fulmine, allora. E’ pronto all’amore vero nel paradiso degli attaccanti?

 

«Il nostro attacco è fortissimo, tra i migliori d’Europa: è sufficiente guardare i video delle azioni e dei gol».

Anche lei ha cominciato a fare sul serio a furia di assist e reti. Con il Carpi, a Trento, ha conquistato la scena.
«Per il momento sono interamente concentrato a imparare al volo i movimenti e i meccanismi: mi sto calando in una realtà tecnico-tattica completamente diversa. Esaltante».

Cosa le chiede Sarri?
«Di curare molto la fase difensiva. Più di quanto abbia mai fatto prima».

E’ un peso?
«Assolutamente no, anche perché in fase offensiva lascia liberi di esprimersi al cento per cento. Di dare sfogo al talento e alle giocate. Praticamente il meglio».

Con il Bordeaux ha segnato 10 gol in 60 partite: qui potrebbe farne almeno 10 in una sola stagione.
«Spero soltanto di segnare il più possibile».

Le etichette, però, la perseguitano: a Napoli le è stata appiccicata quella di vice Callejon.
«E’ un onore essere accostato a un campione come José. Anzi, è un onore arrivare in una squadra piena di campioni. L’obiettivo, ripeto, è inserirmi in fretta: con il tempo, poi, è ovvio che ognuno punti a giocare con continuità».

Può agire soltanto a destra del tridente?
«Anche a sinistra. L’importante è esserci».

Perché ha scelto il Napoli?
«Per crescere, migliorare e vincere».

Crede anche lei nello scudetto, insomma.
«Certi discorsi li lascio ai leader, ai grandi. So che l’ambiente ha sete di trofei e so di essere in un gruppo che punta in alto in Italia e in Champions. Il primo obiettivo fondamentale della stagione».

E’ sempre la Juve la rivale per lo scudetto?
«Sì, innanzitutto la Juve. E poi Milan e Roma».

Pensa anche alla Nazionale algerina? L’ha preferita alla Francia dopo l’esperienza con l’Under 20.
«Si, e l’ho fatto con il cuore. Spero di entrarci in pianta stabile. Soprattutto nell’anno del Mondiale».
 

Sa che una sua foto-social ha fatto epoca? Ha postato un piatto di pasta condita con le patatine fritte. Sacrilegio.
«Non la mangio mica io! Era di mio cugino».

Il dottor Canonico le ha compilato una dieta speciale, vero?
«Sì, per assimilare subito le nuove abitudini alimentari. Il nostro staff medico cura ogni dettaglio».

Come siamo messi a pizza e mozzarella?
«Per ora ho assaggiato la pizza, nei primi due giorni di Napoli: ottima. Ho girato pochissimo, non ho ancora visto neanche il San Paolo, ma la città mi è parsa stupenda. Io e mia moglie cerchiamo una casa che guardi il mare. Lo amo».

I tifosi, invece, amano lei: feeling immediato, dicevamo.
«E’ incredibile: sono senza parole. Pubblico meraviglioso».

A Bordeaux ha giocato con il 17 di Hamsik: che si fa?
«Ho scelto il 37. Che è il codice di Tours, la mia città».

Lei è cresciuto in Francia, nella Valle della Loira, da una famiglia originaria di Mostaganem, Algeria.
«Mio padre guidava i camion, mia madre lavorava in casa. Ho anche una sorella: verranno spesso a Napoli».

Le ha trasmesso suo padre l’amore per il calcio?
«No, mio zio, ex giocatore di Ligue 2 e terza serie francese a Tours. Anche papà giocava: seconda divisione algerina».

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