Nel calcio moderno non esistono più le bandiere, una delle “frasi fatte” che circolano di più tra i tifosi di oggi. Una frase non troppo distante dalla realtà di un calcio milionario sempre più orientato al valore economico a discapito del valore umano.
Tutti abbiamo versato una lacrima all’addio al calcio giocato di Francesco Totti, identificandolo come l’ultima bandiera vivente in Serie A eppure nel vuoto affettivo creato dai campioni di oggi, sempre più incapaci di corrispondere adeguatamente l’amore dei tifosi, ha deciso di piazzarsi lui: Marek Hamsik.
Controtendenza – Oggi sono 10 anni che lo slovacco, in controtendenza con il movimento pallonaro, veste la maglia azzurra. Era infatti il 28 giugno del 2007 quando Pierpaolo Marino decise di portarlo via dal Brescia e catapultarlo a Napoli, presentandolo insieme a Lavezzi tra le contestazioni dei tifosi. Quesgli stessi tifosi che ci misero davvero pochissimo ad innamorarsi del talento del calciatore prima e del carattere dell’uomo poi. Marek Hamsik ha fatto della semplicità la sua arma principale durante la sua storia a Napoli, sia in termini di gioco che in termini di comportamento.
Record – Sarà che “Nemo propheta in patria” ma a Napoli le bandiere hanno quasi tutte una nazionalità diversa da quella italiana. Inutile citare il simbolo del calcio azzurro, quel Diego Armando Maradona che la prossima settimana diventerà (finalmente) un cittadino partenopeo a tutti gli effetti. Lo stesso Maradona che Hamsik si appresta a raggiungere (e superare?) come miglior marcatore del Napoli di tutti i tempi grazie alle 113 reti segnate, soltanto due in meno del Pibe de Oro.
Lo slovacco napoletano – Sono passati 10 anni esatti dall’approdo di Marek Hamsik in azzurro, dieci anni in cui quel timido fuoriclasse slovacco ha deliziato il pubblico napoletano con la sua tecnica cristallina, ritagliandosi un ruolo sempre più importante nello scacchiere azzurro. Oggi, alla soglia dei 30 anni Hamsik si ritrova con la fascia di capitano sul braccio, una fascia meritata col sudore versato, una fascia meritata con i rifiuti opposti a qualsiasi richiesta di trasferimento, una fascia meritata con l’allontanamento di quel procuratore che più di ogni altro rappresenta la filosofia del calcio moderno, una fascia meritata per la coerenza con cui ha dato seguito alle parole più volte ripetute: “A Napoli sto bene, voglio restare a lungo“, così, con semplicità. La stessa semplicità con cui i tifosi azzurri ti porteranno nel cuore (ormai) per sempre.