Pino Taglialatela a Il Mattino: “Sulla graticola quattro anni, devo ringraziare i tifosi per il loro aiuto”

L'ex portiere del Napoli: "Ho avuto la notizia mentre ero a Capri la gente ha intonato «Pino-Pino» !

Taglialatela è stata la liberazione da un incubo, il peggiore della sua vita. È stato assolto, perché il fatto non sussiste, da un’accusa infamante che lo voleva affiliato al potente clan camorristico dei Mallardo a Giugliano. La sentenza è stata netta: il fatto non sussiste. Il portiere azzurro, il Batman degli anni Novanta, come il supereroe dei fumetti resta dalla parte del bene e ora può tornare a volare. Ecco quanto dichiarato in un’intervista rilasciata a “il Mattino”.

Come ha vissuto questi anni, con addosso il peso di un’accusa tanto pesante? «All’inizio non pesava molto. Solo negli ultimi mesi era diventata angosciante».

Perché? «All’inizio l’accusa non era grave. Mi era contestata l’intestazione fittizia di un’auto e di uno scooter a una mia zia. Li avevo fatti registrare a mio nome per consentirle di poter venire d’estate a Ischia dove vivo. Una leggerezza, un errore, ma non ci vedevo nulla di male. È una pratica diffusa. Poi c’è stato un arresto nella sua famiglia e hanno trovato a casa del marito di mia cugina lo scooter intestato a me. Da lì sono cominciate le indagini. E negli anni il pm ha rincarato la dose, facendo il suo legittimo lavoro e elaborando sue deduzioni. A maggio dell’anno scorso è stata formalizzata l’accusa di associazione camorristica».

E il suo tormento s’è aggravato? «Certo, perché cresceva il peso delle accuse. Non era più solo una leggerezza. Poi, un mese e mezzo fa, c’è stata la botta: la richiesta del pm di una pena di 14 anni di carcere. Ero sulla graticola da più di quattro anni, è stato un colpo enorme, ho passato delle bruttissime nottate. Più che altro per l’eco mediatica della vicenda, perché sapevo bene di essere estraneo alle accuse. Sono rimasto chiuso in casa per una settimana».

La sua popolarità è stata danneggiata? Che cosa le ha fatto più male? «Faccio calcio da una vita, lavorando con tanti giovani. Ho temuto che di me si pensassero le cose peggiori».

Ha provato a spiegare la sua estraneità? «No, perché chi mi conosce sapeva e sa bene io chi sono. Ho ricevuto, invece, tanti attestati di solidarietà sui social, di persone che conoscevo e che non conoscevo, da tantissimi tifosi napoletani. Erano più loro a credere alla mia innocenza che io stesso. I tifosi napoletani quando ti conoscono capiscono di che pasta sei fatto, ti sono vicini per sempre».

Lei invece ha cominciato a dubitare di se stesso?
«Paradossalmente sì. È scattata l’ansia. Nessuno è fatto di ferro. Per fortuna il mio avvocato Luca Capasso piano piano e con serietà, lavorando nel rispetto delle indagini, ha portato in aula tutti gli elementi che dimostravano come il fatto non sussistesse, che non c’entrassi nulla con quella gente».

Qual è stato il clima in famiglia? «Nessuno ha avuto dubbi su di me, mai, piuttosto si domandavano come può accadere qualcosa del genere. Avrò commesso una leggerezza, ma poi è cresciuta una valanga che mi stava schiacciando. Non vedevo l’ora che arrivasse il giorno in cui avrei potuto spiegare a tutti quale fosse la verità. Ho sempre mantenuto il massimo rispetto per chi indagava, come ce l’ho per chi mi ha giudicato e mi ha assolto, ma vivevo un incubo».

Ha subito danni professionali per quest’accusa? «Più che altro ho reagito chiudendomi in me. Provavo vergogna nonostante sapessi di essere estraneo a tutto. Qualche tempo fa mi chiamò Bucchi per propormi di allenare i portieri, ma rifiutai. La notizia del mio presunto coinvolgimento non era ancora pubblica. La conoscevo io, però temevo che quando sarebbe uscita, come poi è uscita, avrei creato danni a me e anche ad altri».

Adesso potrà accettare tutte le proposte che potrebbero farle. Ha qualche progetto?
 Mi diverto a partecipare a qualche trasmissione come opinionista. Se capita vado a Coverciano con il mio grande maestro Giaguaro Castellini, a vedere crescere i nuovi talenti. Quello che dalla vita professionale dovevo avere l’ho avuto. Ora voglio solo la serenità».

Come ha festeggiato? «Mi trovavo a Capri a una manifestazione. C’era attesa per la sentenza. Quando, alle 10,30, è arrivata la notizia, c’è stata un’esplosione di gioia da parte di tutti, come quando il Napoli ha vinto lo scudetto. Cori da stadio. Le 130 persone della sala, dopo tanti anni, hanno di nuovo inneggiato Olé Olé Pino Pino, come al San Paolo. Questo affetto mi resterà per sempre nel cuore, più dei cori dello stadio».

Ora che è libero dalle terribili angosce, una domanda di calcio: che cosa ne pensa del futuro di questo Napoli? «Il Napoli ci ha dato grandi soddisfazioni. Migliorare una squadra già bellissima non è semplice. Ma qualcosa va fatta».

C’è la questione del portiere. «Se Reina deve essere sostituito bisogna trovare un portiere di grandissimo spessore, perché fare il portiere a Napoli non è da tutti».

E lei che era soprannominato Batman lo sa bene. «Certo, lo so».

La Redazione

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