L’ampiezza o la profondità sono solo parole. E’ lo spirito con cui agisci e con cui approcci le cose a fare la differenza». Marco Baroni sosteneva queste tesi da tecnico semisconosciuto qualche anno fa, ma le confermerebbe in pieno anche oggi. L’ex difensore scudettato con il Napoli di Maradona – anche quello un segno del destino – è tornato vincente guidando la Strega in A da allenatore. Ma che il suo metodo fosse giusto, in realtà, lo si era capito lavorando al fianco di Antonio Conte alla Juve, alla guida della Primavera. scuola conte. Un periodo che trova i due tecnici allineati sugli stessi concetti non solo tattici, ma anche metodologici. Il lavoro alla base di tutto e poi non lasciare mai nulla d’intentato. Un bagaglio culturale che Baroni trasferisce al Lanciano proponendo il suo calcio disciplinato e fantasioso, equilibrato e arrembante che aveva fatto sognare addirittura i play off finanche alla fascinosa presidentessa Valentina Maio. Anche grazie ai gol del marito Manuel Turchi che il tecnico toscano aveva esaltato con i suoi schemi elaborati e sorprendenti. In gruppo c’erano tanti ventenni rampanti. Il portiere Sepe, scuola Napoli. Il terzino destro De Col. Il mediano Buchel, il centrocampista Calvano, cresciuto nel Milan, l’ottimo Minotti. E in avanti Thiam, scuola Inter, Leonardo Gatto e il bomber Diego Falcinelli. Ma il segreto era Baroni. Allenatore esordiente in B, ma subito efficace: alla 7ª giornata, per la prima volta nella loro storia, gli abruzzesi conquistano il primato solitario nella serie cadetta. Il Lanciano mantiene il 1º posto fino alla 13ª, per poi rimanere comunque, in zona play-off. L’ingresso nei play off sfuma all’ultima giornata, ma il torneo si chiude al 10º posto. E i numeri evidenziano l’ottimo lavoro svolto dal tecnico toscano con i frentani.
AMARA PESCARA. Un lavoro evidentemente apprezzato anche nella vicinissima e rivale Pescara, tanto è vero che il patron Sebastiani non ha nessuna esitazione ad affidargli la panchina degli adriatici nel 2014. Ma neanche ad esonerarlo incredibilmente e ingenerosamente dopo 41 giornate di campionato, con la squadra di fatto nei play off. Al successore Oddo, infatti, bastava pareggiare con il Livorno (poi battuto) per giocare gli spareggi, persi in finale contro il Bologna di Delio Rossi immeritatamente. Anche, qui, dunque, risultati incontrovertibili per Marco Baroni, un allenatore che ha fatto della concretezza la sua arma letale assieme a spinte motivazionali forti mutuate, come detto, dal sistema-Conte. Un sistema che gli consentirà di qualificarsi per i play off anche nella scorsa stagione col Novara ancora plasmato a sua immagine e somiglianza. Tenacia e organizzazione consentiranno ai piemontesi di centrare l’obiettivo. Esemplare la gara vinta a Bari nel preliminare finita 3-4 dopo un primo tempo pirotecnico con un Pablo Gonzales assolutamente indemoniato e autore di una tripletta.
MIRACOLO. Ma non c’è nessun dubbio che questo che si è consumato nel Sannio resta il capolavoro di Baroni. Aver portato il Benevento in A è un evento inimmaginabile e per questo straordinario e meritatissimo. La Strega ha affrontato tutti con lo stesso atteggiamento. Anche nelle sconfitte il metodo Baroni è emerso nettamente. Un calcio sempre alla ricerca del bersaglio attraverso il fraseggio breve e ricercato, trame offensive che si sono rette sul palleggio inividuale di funamboli come Ciciretti e Falco, un gioco elegante e sempre finalizzato a colpire e mai fine a se stesso. E poi su una solidità che ha avuto in Lucioni un vero leder maximo in difesa e in Chibsah un formidabile interprete a centrocampo. Tutti uniti dalla stessa causa: la Strega in A. Sì, col metodo.
Fonet: CdS