Alla faccia della scaramanzia: perché stavolta, perdendosi in ciò ch’è stato – la Grande Bellezza – è inutile lesinare. «Scudetto? Ma vedete, quando una squadra vince, poi nell’anno successivo può anche capitare che abbia il buon gusto di passar la mano». L’ha detto, persino ad alta voce, demolendo qualsiasi «precauzione» e persino le umane e classiche inibizioni: l’ha detto Aurelio De Laurentiis, che in genere svicolava, perché quell’anno «meraviglioso» gli è rimasto dentro, fuoco che ha bruciato qualsiasi freno inibitore e l’ha spinto a sbilanciarsi su un argomento a cui tendenzialmente era allergico. «I punti che abbiamo fatto quest’anno dimostrano quanto sia cresciuta la qualità del nostro campionato. E per quanto riguarda Sarri, sono fiero di quel che ha fatto: ricordo quando lo ingaggiai, mi presi insulti e manifesti». Due anni per starsene, languidamente, al riparo di un contratto con tanto di clausola sulla quale si può sorvolare, lasciandola appendice di un rapporto che non ha bisogno di rendere pubblici i propri pensieri. «Io non ho paura della clausola, è una falsa questione, perché fin quando andremo d’accordo, non credo sia un problema. Ora abbiamo una visione ed un interesse comune ed è facile immaginare quale sia». De Laurentiis non fa che confermare quel che s’è colte nelle pieghe del loro pranzo frugale ma in cui evidentemente c’era sostanza anche nelle parole.
L’APPLAUSO
La visione o l’interesse comune: si chiama, e neanche pomposamente, Progetto, è la sintesi di una Idea che va avanti da tredici anni, che ha trascinato dal sottoscala del Fallimento sin alla Champions (dell’anno scorso) ed ai preliminari (dell’agosto che verrà); è il profilo di un club che sa ciò che vuole, che farà l’impossibile per prenderselo, senza lasciarsi travolgere dall’ansia, men che meno dal desiderio di stupire con effetti speciali. «Non possiamo sbagliare gli innesti che chiederà Sarri. Sappiamo di avere una squadra già forte e dunque sarà molto difficile. Poi ritroveremo Milik, che abbiamo perduto ad ottobre, praticamente all’inizio, sostituito da uno straordinario Mertens, soluzione strepitosa di Sarri, che merita tutti questi riconoscimenti. Lavoreremo insieme per arrivare ai nostri obiettivi». Parole chiare, orizzonte chirissimo.
COSE DA «PAZZO»
Il tempo, quel galantuomo, ha polverizzato lo scetticismo dell’estate del 2015, dei giorni in cui quel «benedetto toscano» s’avvicinò alla panchina del Napoli perché «ricevevo tanti complimenti ma solo quel pazzo scatenato ha avuto il coraggio di prendermi» (Sarri dixit, indicando il «suo» presidente De Laurentiis). E adesso che sono lì, ancora insieme, Salone d’Onore del Coni, c’è un pizzico di vanità in De Laurentiis nel goderselo: «Non sono geloso dell’interesse mostrato da altri club nei confronti di Maurizio. Semmai mi fa piacere. Perché è l’allenatore del Napoli. Sapeste quante volte queste cose sono capitate nel cinema….». Ciak, remake in versione calcistica: si ricomincia da tre.
Fonte: CdS