Mertens: «Ho firmato con piacere. Anche a Genova abbiamo giocato bene. Ripartiremo più forti»

Un’ala, ecco cos’era Dries Mertens sino ad ottobre scorso, uno splendido tornante offensivo, tutto dribbling e strappi, l’uomo capace di spaccare le partite, magari partendo dalla panchina: e invece, diamine, in quell’uomo si nascondeva (ben) altro, un vero bomber che s’è issato sino quasi alla vetta, sfiorando la corona di capocannoniere e però assaporando quelle sensazioni gioiosamente inedite che ora rappresentano il balsamo di una serata. «Nel girone di ritorno abbiamo fatto più punti di tutti quanti gli altri ed a qui che bisogna ripartire nella prossima stagione». Ma si ricomincerà anche da altro, da questa dimensione stellare di un attaccante che è arrivato a trentadue reti complessive – e le ha segnate quasi tutte da ottobre – e che ad un certo punto, tra poker, triplette e doppiette è diventato un alieno: palla a lui, tanto sarebbe successo qualcosa, una funambolica invenzione, una diavoleria, un giochino da prestigiatore. «Non sono bastati tutti i record di questo campionato, né aver raccolto ottantasei punti, né aver segnato centoquindici gol. Vuol dire che impareremo dai nostri piccoli errori». 
 
VOGLIO VINCERE

E’ successo tutto così rapidamente, che quasi è complicato rendersi conto di cosa sia diventata la vita di Dries Mertens, un idolo da sempre ma ora qualcosa in più, forse un totem o comunque un uomo da sogno. «Io ho firmato con piacere e sono rimasto qua per vincere. Continuando in questo modo, sono sicuro che saremo in grado di farlo». Mica sono frasi di circostanze, né pallidi tentativi per lusingar la gente: il Napoli di questa fase discendente, quello che ha stritolato avversari di ogni rango e censo, ha avvertito in sé la percezione non solo di una Grande Bellezza. «Abbiamo giocato bene anche oggi e abbiamo confermato cosa siamo e quanto valiamo: è questa la base dalla quale si ricomincerà a luglio». E sarà preliminare di Champions, pazienza, l’ha detto il campo, perfidamente, lasciando che sino alle diciannove e quarantacinque ci fosse una speranza, poi demolita dall’Olimpico di Roma.

LUI E DZEKO. E’ quasi sembrato che, ad un certo punto, il destino si mettesse a giocare con il Napoli, lasciandolo ondeggiare in questa favola domenica ch’era anche per Mertens, sempre ad un un nulla da Dzeko: ma c’è stata sempre una deviazione, una carambola, la sorte che aleggiava nell’aria, a togliergli la possibilità di credere che fosse possibile sentirsi il principe del gol, seppur in coabitazione. «Io non guardo ai miei gol, penso al destino del Napoli». Che sembra tracciato da questo Progetto, dalla sua spaventosa entità, dalla forza sprigionata nel biennio.

LUI E SARRI. E quando verrà luglio e inizierà un’altra corsa folle verso l’ignoto, il Napoli che da Marassi se ne è uscito fiero di ciò ch’è stato capace di creare, il pathos e le emozioni di un finale avvincente, avrà nella memoria il proprio calcio. «E’ un piacere giocare con Sarri, è positivo tutto quello che si è notato in questi due anni con lui, che è un grandissimo. Noi tutti, e speriamo di rimanere ancora assieme, abbiamo un solo desiderio: si può fare, non ci manca niente». C’è persino un Mertens in più.

Fonte: CdS

 

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