«I tifosi azzurri devono accendere un cero davanti alla foto di Sarri. E pregare che resti il più tempo possibile a Napoli perché lì c’è un progetto vincente». Eccolo King Claudio godersi la primavera romana prima di imbarcarsi per Londra. Leicester è lontana e la sua favola preferita resta sempre quella di Robin Hood anche se «nel calcio vince sempre chi ha più soldi». Claudio Ranieri non sbaglia più un colpo neppure quando esterna. In Inghilterra lo continuano a chiamare con un certa ammirazione the gaffer, il capo, il saggio. Non più perfidamente tinkerman, l’aggiustatore un po’ pasticcione, come ai tempi del Chelsea. 65 anni, un’eccellenza italiana, un grande tecnico di calcio e un allenatore di uomini.
Ranieri, se lo aspettava un finale di serie A con questi brividi?
«È stato un bel campionato, divertente. Alla fine la classifica sarà lo specchio dei valori in campo. Quindi per capire chi è la più forte bisogna attendere ancora dieci giorni».
La Juve si è un po’ complicata la vita?
«Non credo proprio. Allegri all’Olimpico ha fatto la cosa giusta: doveva far riposare qualche titolare e salvaguardare l’integrità di qualcuno dei suoi uomini migliori in vista del finale di stagione. Non ci vedo nulla di strano. Piuttosto è stata brava la Roma ad approfittarne».
E il Napoli?
«Il Napoli ora farà sei punti. E i giallorossi saranno costretti a fare la stessa cosa, senza falsi passi».
Il calcio italiano è lo specchio del nostro Paese in questo momento?
«No, sta molto meglio. Magari il Paese avesse la salute del nostro calcio. Stiamo tornando in Europa molto competitivi, perché il nostro è un movimento attivo, vitale, pieno di idee dove non ci sono soltanto la Juve, la Roma e il Napoli ma anche realtà come l’Atalanta, la Lazio e anche il Chievo, che nonostante i tanti infortuni, è davvero una bella realtà».
Finirà così la classifica di serie A?
«Dice con la Juve davanti a tutti? Ognuno ha i punti che si merita ed è in classifica nel posto che le compete. Io l’ho sempre pensata così.”
Si dice, Sarri è poco concreto perché troppo concentrato sull’estetica.
«Una follia. A Napoli bisogna accendere un cero al suo cospetto e pregare che resti più anni possibili, perché questo è un progetto che può regalare tante soddisfazioni a tutti. Spero per i tifosi azzurri che rimanga davvero a lungo su quella panchina a cui sono tanto affezionato».
Il suo è stato il miglior calcio visto in Italia?«Quello di Maurizio è un calcio ben organizzato, che non dà respiro agli avversari, con uno o al massimo due tocchi, con una rapida circolazione della palla e con tante soluzioni in attacco. È un bel vedere, non c’è che dire. Ma anche la Juve, la Roma e l’Atalanta hanno mostrato sprazzi di buon gioco in tante occasioni».
Mertens lì davanti è la vera sorpresa di questa serie A?
«Dalla Premier seguivo con curiosità la sua evoluzioni. Quando c’era Higuain, era quello a cui più spesso veniva chiesto il sacrificio di non giocare titolare e forse si è sentito persino un po’ frustrato da questa situazione. Poi partito l’argentino, l’intuizione di Sarri. No, non sono sorpreso, era nella sua indole, ma è stato bravo il tecnico a capire le sue potenzialità nel momento del bisogno. E Mertens è stato bravo a sfruttare la grande occasione».
La sua esplosione ha fatto dimenticare Higuain.
«Beh, lì davanti il Napoli è uno spettacolo: ci sono Insigne, Hamsik e Callejon che stanno facendo grandissime cose».
Un rimpianto per i tanti punti persi con le piccole.
«Ma succede a tutti. Anche io alla Roma (nel 2008/09, ndr) persi un campionato lasciando cinque punti su sei al Livorno, squadra che poi è retrocessa».
È una serie A senza grandissime stelle, non trova?
«È vero, non ce le possiamo permettere, perché è la Premier che la fa da padrone. Ma non ce la passiamo più tanto male: è ancora un periodo di vacche magre, ma anche noi abbiamo preso ispirazione dalla Germania dove non ci sono le risorse che ci sono in Inghilterra, ma si punta sulle idee. E noi, con le idee e i progetti, siamo tornati a essere competitivi anche in Europa. Come dimostra la finale della Juve in Chammpions e l’ottavo di finale del Napoli che è stato eliminato dal Real Madrid, ovvero l’altra finalista».
Già, gli azzurri hanno fatto un figurone?
«Sì, due prove da big, sono usciti a testa altissima. A questi livelli la differenza la fa la determinazione: è quella che fa fare il salto di qualità. Se il Napoli ne avesse avuto un briciolo in più, magari ci sarebbe stata una finale tutta italiana».
La sua vittoria con il Leicester ha illuso che non sono i soldi a fare la differenza in un mondo in cui tutti parlano sempre di fatturati e bilanci.
«No, è un’illusione. Vince sempre il club che ha più soldi. Quello che ho fatto io in Premier può capitare una volta ogni 18 anni… soprattutto quando ce ne sono tanti in più e ne sono tanti ad averne di più. In Inghilterra abbiamo realizzato un’annata incredibile e indimenticabile. Ma nel calcio quando compri i campioni più forti, non hai la sicurezza di vincere ma hai la sicurezza di arrivare sempre in cima. Basta vedere la classifica della Premier di quest’anno per rendersene conto».
Perché la Juve vince così tanto in Italia?
«L’ago della bilancia, la differenza la fa sempre la società. E la Juve sotto questo aspetto è la più forte: si sta già organizzando già per il futuro, per certi versi è sempre un passo avanti a tutti gli altri. Ha perso due anni fa la Champions, si è rimboccata le maniche, non si è dper vinta e adesso se la gioca di nuovo. Non si sa se vincerà ma è lì a contendere la Coppa al Real. Non è poco».
Perché negli ultimi vent’anni ha lavorato più all’estero?
«Perché mi piace girare il mondo, conoscere, capire. Sono stato tra i primi ad andare ad allenare lontano, ad aprire la strada è Capello. Mi sono sempre trovato bene: Francia, Spagna, Inghilterra. Quanto all’Italia, non ho rimpianti, niente».
Cosa avete di così speciale voi allenatori italiani da rendervi maestri?
«La tattica. Siamo all’avanguardia, studiamo sempre. Ci chiamano catenacciari ed è vero, noi siamo figli di quel sistema, ma l’esperienza italiana ci insegna che con l’1-0 si vince ed è finita, mentre all’estero pensano sempre e solo a fare gol. Noi coniughiamo bene attacco e difesa».
Fonte: Il Mattino