La testimonianza di Agnelli: “Mai pressioni dei clan sui biglietti”

Una parola, ‘ndrangheta, che non aveva mai sentito accostata a Rocco Dominello, né alla curva della sua Juventus. «Né io, né i miei dipendenti abbiamo mai ricevuto pressioni di tipo mafioso riguardo ai biglietti ai gruppi ultrà» il presidente bianconero, Andrea Agnelli, arriva al Palazzo di giustizia di Torino da un ingresso secondario per evitare telecamere e macchine fotografiche, attende più di un’ora prima di essere chiamato a testimoniare per 40 minuti nel processo sulle infiltrazioni della criminalità, interessata al business del bagarinaggio, tra i tifosi dello Stadium. Prima di lui parla il leader del gruppo ultrà Viking, Loris Grancini, che ammette cessioni di biglietti oltre le quantità consentite. A chiamarli come testimoni sono gli avvocati Ivano Chiesa e Domenico Putrino che difendono Rocco Dominello, accusato di essere l’anello di congiunzione tra criminalità e ultrà: «L’ho incontrato quattro o cinque volte, era uno dei rappresentanti dei Drughi spiega Agnelli a differenza di altri si “presentava bene”, una persona educata e ragionevole con cui si poteva discutere. L’ho visto anche un paio di volte in sede per feste di fine anno. Mi consegnò un presente, un cesto natalizio. Con lui c’erano Fabio Germani (anche lui a processo per concorso esterno ndr) e il mio collaboratore Alessandro D’Angelo. La Digos sapeva di questi incontri e non ha mai fatto notare che fosse uno ‘ndranghetista». Dominello aveva ottimi rapporti con l’ex allenatore Antonio Conte, «l’ho appreso dalle carte – dice il presidente – Antonio dava molto peso al sostegno della tifoseria tanto da definirla il dodicesimo uomo in campo». Giovedì Agnelli sarà in commissione Antimafia e il 26 maggio inizierà per lui e per altri due dirigenti bianconeri (il responsabile marketing Francesco Calvo è nel frattempo passato al Barcellona) il processo sportivo per aver favorito economicamente i gruppi ultrà dediti al bagarinaggio.

Tratto da Repubblica

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