Tanti, troppi, veramente maledetti e subito: trentasei in trentacinque partite, più di uno a partita, e sono numeri anche questi che (però) allarmano oppure fanno arrabbiare. E’ un neo, si vede, e rischia di trasformarsi in ossessione: perché se al 47esimo d’una gara già vinta, quella con il Cagliari, la reazione di Reina è quella che s’è vista, vuol dire che è stato sfiorato il nervo scoperto, qualcosa che irrita parecchio, dà noia per le modalità e non gli effetti pratici. La «legittima difesa», quella che sposta i valori assoluti d’una squadra e consente di lasciar germogliare in un clima ovattato tutte le aspirazioni umanissime di una squadra, il Napoli sta cercando di attrezzarla attraverso argomentazioni non ancora sufficienti: ci sono state (in campionato) undici giornate in cui Reina ha potuto lasciare il campo soddisfatto di sé e della squadra (zero gol subiti) ma ci sono state troppe circostanze in cui è tornata di moda la concentrazione, il calo d’attenzione, l’errore del singolo, comunque quel dato statistico che toglie il buon umore.
E ora che c’è Belotti, venticinque gol, il vice capocannoniere della serie A, l’italiano più prolifico, il centravanti del futuro della Nazionale, un gallo che canta a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno della settimana, il pensiero torna ai precedenti: all’andata, per esempio, quando pure finì 5-3, fu una festa del bel calcio, una serie di scariche di adrenalina in sequenza, eppure un motivo per inquietarsi. Segnò anche Belotti (con Rossettini e Iago Falque), in quello show in cui gli attaccanti si scatenarono e le difese pure. Fonte: CdS