C’era una volta il Sud America: argentini (tanti, e quanti), brasiliani (forse altrettanti), uruguayani. Poi il calcio è cambiato, forse i talenti hanno cominciato a nascere anche altrove, sono state abbattute varie frontiere e numerosi luoghi comuni e per la prima volta dopo tredici anni il Napoli non ha “figli” di Maradona in squadra. E’ il football europeo che ha preso piede, che ha stregato, che ha prodotto elementi di qualità assoluta: la spesa di Giuntoli, nell’estate scorsa, è stata concentrata sull’Est, con due polacchi (Milik e Zielinski), un croato (Rog), un serbo (Maksimovic), poi c’è quello “scugnizzo” di Diawara, guineano cresciuto da noi, Tonelli, Giaccherini e Pavoletti. Un salto in Brasile, a gennaio, prendendo il giovane Leandrinho, ma sostanzialmente una scelta di puntare su chi conosce meglio questo “Vecchio Continente” nel quale il materiale umano non manca. Il Napoli va spesso anche in Olanda ed in Belgio, dove c’è una gioventù che spinge con autorevolezza: un anno fa, fu vicinissimo a Klaassen dell’Ajax, che però preferì restare a casa; ed aveva anche messo la mani su Meunier del Bruges, che non potè rifiutare l’offerta del Psg. L’ha confermato l’altro giorno De Laurentiis, nell’intervista al Corriere dello Sport-Stadio, che questo è un mondo nel quale tuffarsi, attraverso riferimenti diretti e ripetuti, che sono anche un po’ apparsi come messaggi subliminali. Il Napoli in Olanda ci va con piacere, perché per esempio nell’Ajax ci gioca Bertrand Traorè (di proprietà del Chelsea) che è un’ala sulla quale si lancerebbe volentieri. Ma poi viaggetti sono stati fatti anche in Slovenia: per seguire il portiere Vodisek (19). C’era una volta il Sud America.