Si interrompe solo per il rito del caffè Aurelio De Laurentiis. Il presidente del Napoli, protagonista dell’incontro di ieri con l’Associazione Stampa Estera in Italia, è un fiume in piena con i giornalisti provenienti da tutto il mondo. Dal calcio giocato alla questione stadi, dal cinema alla politica estera con Donald Trump, più che una conferenza quella di Aurelio è una vera e propria lezione.
«La mia non è stata una rifondazione, ma la creazione di un qualcosa di nuovo. Se consideriamo che in tredici anni il club ha dovuto militare due anni in serie C, un anno in serie B, e da otto anni è l’unica squadra in Italia che consecutivamente, rispettando il fair play finanziario, gioca in Europa, credo che sia stato intrapreso un percorso di successo», rivendica con orgoglio il numero uno partenopeo. «Abbiamo dimostrato – assicura De Laurentiis – che in una città come Napoli, volendo si può lavorare con successo. Mutuando tutto questo all’Italia, si può dire c’è ancora la speranza di fare delle nuove attività con grande successo, senza dover pensare di emigrare». Il Napoli, dunque, è visto come un modello applicabile non solo al mondo del calcio. Per raggiungere grandi obiettivi però è necessaria una programmazione, e il presidente azzurro ha già in mente la strategia: stadio di proprietà e guida tecnica a lunga durata. «Sto aspettando che si dia corso, sperando che non ci vogliano tempi lunghi – rivela De Laurentiis -, alla bonifica di Bagnoli per poter fare lì la casa del Napoli con dodici campi di calcio, un albergo e all’interno lo stadio nuovo, il tutto delimitato da un bel muraglione alto dodici metri. Se lo stadio sarà da 50mila, 40mila o 30mila posti lo vedremo a seconda di quando potrà essere pronto e di come la virtualizzazione non avrà minato la frequentabilità dello stadio».
Aspettando che inizino i lavori per la sostituzione dei seggiolini al San Paolo, la realizzazione di una «Città del Napoli» non è l’unico desiderio di De Laurentiis, che vuole fare di Maurizio Sarri il nuovo Alex Ferguson. «Per lui mi piacerebbe un decennale – ammette il patron partenopeo -. Sarri lo vedrei bene all’interno di un progetto di crescita del club. Ha un contratto di quattro anni, in cui per levargli qualunque tipo di tentazione ho messo, non dal prossimo anno, ma dall’anno successivo ancora, una clausola rescissoria di 8 milioni di euro. Se la Roma volesse prenderlo e volesse pagare 8 milioni, la palla passerebbe al signor Sarri, che dovrebbe dire: No, ho professato amore al Napoli. Sono nato a Napoli, mi sento napoletano e non sento l’odore denaro. Per me Sarri dovrebbe rimanere». Insomma, la volontà è chiara, ma Aurelio non dimentica la contestazione al momento della scelta del tecnico: «In città c’erano i manifesti contro di me, tanto che Sarri mi disse Lei si deve abituare, io le prime sei-sette partite le perdo. Io risposi: Senti, tu devi abituarti alla città di Napoli, dopo tre partite diventa un problema, quindi bisogna che ti organizzi per far giocare la squadra in modo spettacolare e vincente. E dalla quarta fu così. Adesso siamo passati all’esaltazione di Sarri: Non si tocca, è il nostro eroe».
Alla stampa estera De Laurentiis, tuttavia, precisa: «Il tifoso è bulimico per natura, non è mai contento e la società è sempre la più esposta ad accuse, ma bisogna sempre vedere chi è il tifoso». Secondo il presidente, infatti, la percentuale dei contestatori sarebbe praticamente inesistente: «Secondo il rapporto Nielsen nel mondo i simpatizzanti del Napoli sono 120 milioni e i tifosi veri sono 35 milioni, di cui 17 milioni negli Stati Uniti. Quando ci sono le contestazioni o le posizioni scomode, da chi vengono?». Infine, sul mercato: «Abbiamo problema di vendere, non di comprare. Poi sa capiterà qualche eventuale scoperta…».
Fonte: Il Mattino