Eccolo qua il progetto: nei fatti, nelle cifre, nelle statistiche, si direbbe persino nei contenuti ma forse è più giusto sottolineare nella continuità. Hamsik è praticamente è fuori concorso: dieci anni di maglia azzurra, tutti i record che vacillano (presenze e gol) e una fascia al braccio che basta ed avanza per raccontarne l’empatia. Maggio è arrivato a nove, gioca poco ma ha un ruolo di esempio silenzioso: non a caso ha ancora un anno di contratto, perché certi valori pesano. Insigne c’era già nella culla, si potrebbe dire, e comunque nel 2010 ha debuttato (per pochi minuti) in A, poi è andato in giro a scuola da Zeman e quanto è tornato ha fatto un percorso che l’ha portato al quinquennale recentissimo, molto più che un attestato di stima, sembrerebbe una investitura bella e buona. Reina è al suo terzo anno agonistico, ma è arrivato nel 2013, con Rafa Benitez, come Albiol, come Callejon, come Mertens, in quell’epoca in cui il Napoli ha svoltato, garantendosi un ruolo internazionalmente riconosciuto, andando ad acquistare non soltanto i talenti ma anche l’esperienza nei grandi club, l’autorevolezza. Ghoulam e Jorginho arrivarono assieme nel gennaio del 2014, sono da quattro campionati con questa maglia addosso, hanno scoperto cosa sia Napoli, quali pressioni comporti, ed hanno imparato a sopportarle. Koulibaly è alla sua terza stagione, ed anche Strinic (che è atterrato a Capodichino nel gennaio del 2015). Quando si dice l’Idea di calcio alternativa: eccolo qua il Napoli che ha guardato lontano, nel passato, e che continua a farlo, avendo già acquistato giovani che dànno certezze e che inducono il San Paolo ad osservare il futuro con la speranza di restare competitivi.
Fonte: CdS