Sono 30. Gli anni. E 30. I suoi gol. Non serve fare i conti: è tutto così elementare, semplice e strepitoso. E poi con la doppietta realizzata ieri da Mertens contro il malcapitato Cagliari, il Napoli vola oltre la quota spaziale di 100 reti in stagione (alla fine del sabato di festa, saranno 102). Inutile dire che anche il primo gol di questa annata, a Pescara, il 22 agosto, porta la firma proprio del belga delle meraviglie. «Ma io penso che potevo fare il secondo gol anche nel primo tempo, anzi avrei dovuto fare anche il terzo gol nei primi quarantacinque minuti. Queste sono gare che prima si chiudono e meglio è», dice Mertens l’insaziabile sbattendosi la mano sul petto in segno di «mea culpa». In fondo la gara con il Cagliari non è mai davvero in bilico, nonostante i suoi sensi di colpa. E per lunghi tratti si fa fatica a immaginare l’eterno Borriello come una minaccia seria.
Buon compleanno Dries, allora. Come si dice in fiammingo, la lingua delle sue terre, le Fiandre? «Gellukige Verjaardag» traduce divertito Jeroen che guida l’allegra combriccola colorata d’azzurra che si posiziona nella tribuna Posillipo, nella zona più centrale del campo. Sono venuti dalla sua Lovanio e da Bruxelles per fargli gli auguri e per visitare la città: è un gruppetto misto di amici e parenti belgi che resterà in città ancora per qualche giorno. E svela: «Dove volete che vada? Il prossimo anno torniamo ancora qui per fare un’altra festa con Dries», dicono euforici.
Trent’anni. Cifra tonda e quadrata, proprio come il personaggio che rappresenta. Un’età speciale, per un calciatore: rito di passaggio, snodo esistenziale, la fine della gioventù e inizio del periodo da «quasi giovane». Un ragazzo antico, con le radici ben affondate in provincia, la famiglia robusta, una moglie normale e non velina, i cosiddetti valori, la faccia pulita. E che si prepara a mettere nero su bianco sul rinnovo del contratto con il Napoli, in scadenza nel 2018. Lui lo vuole, De Laurentiis anche, la moglie Kat ha fatto venire meno il veto di cui tanto si è parlato. E Sarri neppure pensa a un Napoli senza di lui, neppure riesce a immaginarselo.
D’altronde questo Mertens goleador nasce tutto da un colpo di genio del tecnico di Figline che, come Newton colpito dalla mela, ha intuito che quel piccoletto che per tre stagioni si era alternato con Insigne in una estenuante staffetta, poteva giocare al centro del suo tridente. Tranne Gabbiadini, un colpo di fortuna per chiunque. Trenta gol, nessuna dedica. C’è il rinnovo da firmare e ancora qualche angolo spigoloso da limare prima di poter mettere nero su bianco quindi non si può dire tanto, neppure se si è ancora una volta il migliore in campo. Ma lui non ci pensa, al contratto. Le due cose, il campo e la scrivania sono distanti.
Sarri, strano tipo, mica ha pensato di fargli un regalo per il compleanno di uno dei suoi uomini d’oro. No, voleva che fosse Mertens a farglielo a lui: segnando. Gliene ha fatti due. Questa del Napoli è davvero una famiglia felice. E lo si capisce dai piccoli gesti: per esempio quando con la palla fuori, Mertens prende il telefono di un fotografo a bordo campo e lo nasconde vicino alla bandierina. Con Hamsik che lo guarda e quasi lo rimprovera. O quando è il magazziniere Starace ad andarlo ad abbracciare quando Sarri gli concede la standing ovation. Una famiglia felice, non c’è che dire, quella del Napoli. Ieri Dries è uscito dallo spogliatoio con una torta regalata dal pasticciere Sirica e distribuendo sorrisi e autografi a tanti bambini.
D’altronde il segreto di Mertens è guardare le cose da un altro punto di vista. Per scelta o perché è stato costretto. Poco importa. Quel che conta, è farlo. E allora l’ormai trentenne Mertens non ha avuto problemi a mettersi in discussione. In campionato adesso è a quota 24: ne aveva segnati appena 3 in serie A prima della trasferta di Cagliari all’andata in cui ha realizzato una tripletta. Da Cagliari a Cagliari, dunque, i gol sono stati ben 21. Nessuno come lui. Ora è in corsa per il titolo di capocannoniere, detenuto da Higuain, assieme a Belotti, Dzeko e Icardi. Chissà se lo avrebbe immaginato prima della gara in Sardegna, un girone fa, quello della svolta in campionato, che si sarebbe arrampicato fin quassù, in cima alla classifica dei marcatori. Chissà se avrebbe mai immaginato di riuscire, proprio lui amico inseparabile, a far dimenticare Higuain, di riuscire a metterlo in un angolo. E di riuscire a non far pesare la mazzata del ko di Milik, il vero sostituto del Pipita, avvenuta dopo poco più di un mese dal via della stagione. Quella di ieri, per Mertens, è la quarta doppietta dell’anno (Pescara, Benfica, Roma e Cagliari) che si aggiungono alle due triplette (Cagliari e Bologna) e al poker con il Torino, l’avversario di domenica prossima.
Un piccoletto del gol rimpicciolito dalla natura e dal soprannome (Ciro, il copyright è di Anna Trieste) si è attrezzato con l’astuzia, il genio, la velocità. Spinto da una fame di rivincita tutta sua. È stato abituato negli ultimi anni a essere sempre il sostituto di qualcuno, una specie di sesto uomo del basket: per un anno (e qualche mese) per Sarri era il primo cambio. Ma il suo è stato un orgoglio da grande, per l’appunto. I piccoli bombardieri, si dice, si coordinano meglio: gambe corti e veloci, baricentro basso al servizio dell’equilibrio. La scossa parte dal cervello e fa poca strada per arrivare alle gambe. Ora la scossa deve arrivare anche alla mano: quella che deve mettere la firma al sontuoso contratto offerto da De Laurentiis da 4 milioni di euro all’anno. C’è poco da pensare, c’è poco da riflettere ancora. La società ha in mano il suo sì. È solo questione di dettagli. E di un po’ di tempo. Ma davvero poco.