Richiesta di condanna choc per Pino Taglialatela, ex portiere del Napoli, soprannominato Batman. Il pm Maria Cristina Ribera, titolare delle principali inchieste sul clan Mallardo, egemone a Giugliano, durante la requisitoria svoltasi dinanzi la quarta sezione de tribunale di Napoli, è andata giù pesante: 14 anni di reclusione per intestazione fittizia di beni e associazione di stampo camorristico. Secondo il pubblico ministero il giocatore non era soltanto compartecipe degli affari del clan ma addirittura un affiliato. Cugino della moglie del boss Feliciano Mallardo, Taglialatela non si sarebbe prestato solo all’intestazione fittizia di un motorino, ritrovato a casa di uno dei gregari della cosca, ma era parte integrante del gruppo. Sempre secondo il pm, il portiere avrebbe ricevuto ingaggi sportivi attraverso la subdola influenza del gruppo criminale. La sua posizione si è andata aggravando nel corso del processo. Coinvolto inizialmente solo per la proprietà, a quanto pare fittizia, di un potente mezzo, si è giunti, a seguito di ricostruzioni e testimonianze, a ritenerlo parte integrante del clan. Insomma un macigno enorme è caduto su di lui. La settimana prossima ci saranno le arringhe degli avvocati, tra i quali figurano Monica Marolo, Pino Pellegrino e Antonio Russo. Arringhe con le quali i legali proveranno a smontare tutto l’impianto accusatorio. Tirato in ballo in un’inchiesta della Dda di Napoli, in questi anni Pino Taglialatela ha sempre protestato la propria estraneità a fatti di camorra, dicendosi convinto di poter dimostrare la correttezza della propria condotta nel corso del processo. Il processo è iniziato qualche tempo fa ed aveva come perno principale Mauro Moraca, genero del boss defunto Feliciano. I capi di imputazione riguardano estorsioni ad imprenditori ed intestazioni fittizie di beni, su uno sfondo associativo. Oltre a Taglialatela, insomma, c’è un folto gruppo di persone coinvolte. Per gli altri imputati queste le richieste di reclusione: Mauro Moraca, 24 anni, Giuliano Amicone 20 anni, Carlo Riccardo De Cicco 16 anni, Bernardino Diana 6 anni, Giancarlo Pirozzi 15 anni, Raffaele Graziano 4 anni. Per Silvio Diana e Feliciano Mallardo invece i reati sono estinti. I due sono deceduti da tempo. Richiesta anche la confisca dei beni già sequestrati all’epoca dell’operazione delle forze dell’ordine. Il principale imputato Mauro Moraca, genero del boss, marito della figlia, attualmente è già in carcere per altri processi sempre a carico della cosca. Per lui le principali accuse sono quella di estorsione e associazione. Per D’alterio invece l’accusa riguarda la sola estorsione, per De Cicco estorsione e concorso esterno in associazione camorristica, Diana e Graziano sono accusati di intestazione fittizia di beni, Pirozzi solo di estorsione. L’indagine partita nel 2012 ha portato alla luce il «sistema» Mallardo fatto di accumulo di denaro attraverso le estorsioni ai grandi imprenditori. Risultano infatti dall’ordinanza richieste di migliaia di euro per la costruzione di un palazzo per dei lavori pubblici, ma anche l’orientamento della gara per le ristrutturazioni all’Asl e tutta una serie di intestazioni di auto e macchine a vari prestanome tra cui appunto Pino Taglialatela. Il portiere originario di Ischia, è cresciuto con il Napoli di Ferlaino e le giovanili. Nel 1993 approda titolare nella prima squadra e giocherà insieme all’allenatore Marcello Lippi. «Batman», così chiamato perché «volava» tra i pali, era molto amato dai tifosi che lo appellarono con il simpatico nomignolo. Il portiere ha accompagnato il Napoli fino al 1999 e poi al declino dell’intera squadra. Oggi, opinionista ed allenatore, si ritrova coinvolto nel processo a carico dei Mallardo. Una vicenda che sicuramente non finirà nel giro di pochi anni. Siamo infatti al solo primo grado di giudizio. L’intera indagine, che ha preso vita ben 5 anni fa, è partita su richiesta della direzione distrettuale antimafia che da anni sta indagando sul potere del gruppo criminale. In circa 10 anni le inchieste hanno portato alla decapitazione del potente clan fino ad allora non era mai stato toccato pesantemente dalla magistratura.
Fonte: Il Mattino