C’è chi continua a scendere, in picchiata. E c’è chi continua a salire, come un ascensore diretto ai piani alti della classifica. C’è chi usa un terminologia colorita, per non finire sepolto dal pessimismo dei risultati. E c’è chi sparge complimenti, a destra e manca, in previsione di un traguardo insperato alla vigilia della stagione. Le parole di Taranto-Paganese (0-4) sono la conseguenza spontanea di quanto accaduto sul campo.
Di qua scoramento a chili, alleggerito dall’ideale (o surreale?) volontà di non arrendersi. Di là entusiasmo ragionato, oltre che motivato dal radicamento profondo in zona play off.
PROVA DI MATURITÀ. Il termometro della contentezza della Paganese è la serenità di mister Grassadonia. L’allenatore rivisita il match dello Iacovone con la lucidità che lo contraddistingue anche quando siede in panchina. «Siamo scesi in campo con molto rispetto per il Taranto. L’episodio del gol di Firenze ha subito girato il confronto a nostro favore. Abbiamo affrontato gli ionici con una formazione inedita, a causa della condizione imperfetta di qualche giocatore che aveva bisogno di rifiatare. Qual è il nostro segreto? Principalmente la società – ha chiosato Grassadonia – che ci è stata sempre vicina e mi ha messo a disposizione un gruppo valido di calciatori pure dopo la rivoluzione di gennaio».
LA FACCIA DEL CAPITANO. Atmosfera pesante, in casa rossoblù. Se il presidente Zelatore e il socio Bongiovanni hanno disertato lo stadio, a conclusione della gara iltecnico Ciullo – secondo i più con il morale a pezzi – non si è presentato in sala stampa. Ha lasciato l’incombenza al general manager De Poli e al capitano Pambianchi. Il primo si è soffermato sui problemi di testa del Taranto: «Dal punto di vista mentale non siamo al top. Il recupero con la Paganese doveva essere la partita del cuore – ha affermato il responsabile della campagna acquisti e cessioni – si è tramutato in una sonora disfatta. Mi assumo le colpe della situazione, il pubblico tarantino non merita certe umiliazioni». Non molla, almeno a parole, il difensore che dice di essere disposto a devolvere 10mila euro del suo stipendio in beneficenza pur di raggiungere la salvezza. Le sue dichiarazioni, tuttavia, non sembrano proprio carezze spedite ai compagni di squadra. «Mi sono accorto – ha sottolineato Pambianchi – che se gli altri perdono un pallone, rincorrono l’avversario. Se lo perdiamo noi, ci fermiamo. Per rimanere in Lega Pro occorre più cazzimma». E ancora: «Di m…. ne ho mangiata tanta nella mia carriera e mi sono un po’ rotto le scatole (in realtà il sostantivo pronunciato è di cinque lettere, ndr). Penso all’Akragas che è otto punti davanti e ha più attributi (anche qui utilizzato un sinonimo diverso, ndr) di noi. Però sono un eterno positivo. La matematica non ci condanna. Pertanto, crediamoci».
Corriere dello Sport