Qualcosa è cambiato da quando aprile ha iniziato ad esserci Strinic, il mese della novità che s’è fatta abitudine stravolgendo gerarchie consolidate nel tempo: dalla Juve all’Udinese passando per la Lazio, tre gare che Strinic – trent’anni a luglio – ha vissuto da titolare meritandosi ogni volta la riconferma, offrendo prestazioni che sono entrate di diritto nel taccuino degli elogi di Sarri, concedendo poco agli avversari e proponendosi senza timore, allineandosi coi centrali quando Hysaj correva dall’altra parte oppure sganciandosi dalla linea quando era il proprio momento, superando la metà campo per sostenere l’attacco e favorire il giro palla senza perder di vista chiunque gli ronzasse intorno.
Mai, da quando c’è Sarri in panchina, Strinic aveva avuto la possibilità di giocare tre gare consecutive dal primo minuto. È successo per cinque volte a gennaio – tra Serie A e Coppa Italia – ma solo perché Ghoulam era in Coppa d’Africa e dunque il suo impiego era semplice necessità, non volontà precisa del suo allenatore. La fiducia che Strinic ha conquistato nel tempo è la conferma che nel calcio non (sempre) esistono preconcetti e quel che resta da raccontare è la sintesi di ciò che accade ogni giorno in allenamento, è naturale conseguenza dell’impegno, della serietà, del lavoro che non può esaurirsi ed ogni volta va alimentato come fosse la prima. Il presente di Strinic è una lezione che ognuno può far propria ma anche la certezza che, nel tempo, la rosa del Napoli è cresciuta e sempre più spesso si fa fatica a distinguere i “titolari” dalle “riserve”.
Fonte: CdS