Alla corte di Antonino Cannavacciuolo si assiste a uno strano fenomeno: la gente fa la coda per farsi «picchiare». Con simpatia, ci mancherebbe. Più dei selfie, altamente richieste le pacche che hanno accresciuto la fama tv: le sue manone giganti cadono sulle spalle dei poveri fan, ma diventano leggere, eteree, a contatto col cibo. Per lo chef del momento, superstar come giudice a Masterchef e come salvaristoranti in Cucine da incubo, sono arrivati in centinaia all’UniCredit Pavillion di Milano: prima di intervenire a «Cibo a Regola d’Arte», manifestazione del Corsera, ha parlato dell’altra grande passione chiamata Napoli. Più di Maradona, nel cuore gli sono rimaste le B di Bruscolotti sui muri della città in festa per il primo scudetto.
Stasera la sua squadra ospita la Juve e Cannavacciuolo ha già imbandito la tavola: «Sarà una ottima cena, ma sapete che vi dico? Perdiamo…».
Chef, una volta a Masterchef c’era un concorrente di nome Maradona ma tifava Juve: lei non la prese benissimo... «Per fortuna ci sono pochi grandi chef juventini, siamo persone serie… Scherzo! Sono diventato così tifoso quando ho lasciato la mia terra. Nella prima cucina al Nord c’erano solo juventini e soffrivo nel caos dell’ultimo Ferlaino: i colleghi mi facevano “na munnezza” e io mi sono attaccato ai miei colori».
Parliamo dello chef di oggi: che cuoco è Sarri? «Un grande chef, burbero e con fondamenta solide, infatti non ci sono più i black out di un tempo: dà dure pacche come me, non scende a compromessi con la sua brigata perché quando ci sono prime donne in cucina o in campo, tutto si sfalda».
Che piatto le viene in mente pensando al suo allenatore? «Dalle sue mani vedo nascere una vera, grande paranza napoletana: non ha un solo sapore ma, se assaggi la frittura, si distingue la triglia, il gambero e gli altri pesci. Tutto insieme, poi, è armonico e si scioglie in bocca: con Sarri non sai mai se mangi Insigne, Callejon o Mertens, ma sai che nel complesso giocherai bene. Stavolta, però, c’è contro una squadra grandissima, difficile da digerire».
Ecco, come si fa a mandare giù la cucina di Allegri? Dicono che in Piemonte si mangi pesante... «Non esiste una cucina pesante, basta avere sensibilità e fare i giusti passaggi ai fornelli: Allegri è un maestro delle mantecature tra i giocatori, sa rispettare le cotture, dare equilibrio di sapori alla squadra. Mi piace tanto: speravo che dopo l’addio di Benitez arrivasse lui. Ormai è pronto per il grande salto in un top club europeo».
Intanto, cosa può cucinare al San Paolo? «Ha nella semplicità la sua forza, è un cuoco senza fronzoli: mi aspetto un gioco essenziale, uno spaghetto aglio, olio e bottarga, la cosa più buona che c’è. Nonostante le tante assenze, sa far da mangiare».
Dia una pacca a chi sa lei… «Di Higuain si è parlato troppo: niente pacche. Il suo errore è l’essere scappato senza metterci la faccia. Poteva dirci il perché, lanciare qualche frecciata. E invece quelle visite in Spagna… È sembrata una ladrata».
E allora cosa dovrebbero cucinargli i napoletani? «Solo indifferenza, fa più male. Immaginate se entrasse in campo e nessuno se lo filasse. Resterebbe da solo a dire: «Mo’ che faccio?».
Invece, sa già che ci saranno fischi e insulti: forse lo caricheranno. In ogni caso non gli cucinerei niente: per una sera Pipita a digiuno». Ma perché il Napoli non riesce a prendere la stella Michelin come la Juve? Cosa manca? «La Juve è un ristorante di lusso, ha soldi da spendere, una struttura per accogliere. La somma porta alle stelle e agli scudetti. Noi dobbiamo crescere dal punto di vista imprenditoriale: non è colpa di De Laurentiis a cui sono grato perché ricordo cosa c’era prima di lui».
Quale allora la ricetta per arrivare prima o poi allo scudetto? «Per anni ci siamo rifatti la bocca con ingredienti pregiati, con Cavani o Higuain. Adesso voglio mangiare pasta e fagioli: ci servono tanti Koulibaly»
Fonte: gasport