La “Panchina d’Oro 2016″ a Sarri, un premio all'”uomo in tuta”, che ha fatto del bel gioco il suo obiettivo primario

Ieri Maurizio Sarri, allenatore del Napoli, ha ricevuto il premio “Panchina d’Oro 2016″, che viene assegnato al miglior allenatore del massimo campionato italiano per l’anno calcistico precedente. La storia insegna che non sempre chi è meritevole viene elogiato, ma in questo caso, con un netto posticipo, anagraficamente parlando, le soddisfazioni per il tecnico di Figline Valdarno, ma di origini partenopee, sono arrivate. I voti per questo ambito premio, arrivano dagli altri tecnici, e la vittoria di Sarri sta ad indicare la stima e il rispetto che i suoi colleghi, qualunque sia stato il loro percorso, hanno per lui. Stra-meritatatamente Sarri ha vinto, non solo perchè offre il miglio calcio d’Italia, dove sia chi scende in campo, sia chi guarda semplicemente la partita, riesce a divertirsi e ad emozionarsi, ma è un altro il suo grande merito, anzi due, no, sono tre. Il primo è quello di aver fatto crescere e venir fuori giocatori che, prima di lui, erano assopiti in un torpore che nulla di buono portava alla squadra, vedi Koulibaly, vedi Albiol, vedi lo stesso Higuain, per non parlare della scoperta di Mertens come falso nueve, e la riscoperta di Insigne, sempre più leader della sua squadra. Un lavoro che spesso è stato anche criticato, perchè, si è definito maniacale, ma si sa, è attraverso il lavoro duro che si raggiungono i risultati, e questo mister Sarri lo sa bene. L’altro dato a suo favore, è il suo legame con i tifosi, quel modo di parlare, o di scegliere di non farlo, che ha sempre un suo perchè. I napoletani sono un popolo di cuore, ma anche di intelligenza sottile e acuta, perciò a volte bastano dei semplici sguardi per intendersi. Maurizio Sarri non si è mai arreso, questo nessuno potrà mai negarglielo, ha continuato a lottare, anche davanti a mille difficoltà, o quando sembrava che il mondo fosse contro di lui, si è stretto attorno ai suoi ragazzi ed è andato avanti. Infine, chi lo ha sempre definito l'”uomo in tuta”, a volte anche con toni dispregiativi, non sa che è quello il suo “marchio di fabbrica”, il lavoro e l’umiltà. Sarri non ha bisogno di pizzi e merletti per mettersi in mostra, il suo gioco, i suoi moduli, anche i suoi sbagli a volte, parlano per lui, ma sempre restando coerente con se’ stesso e le sue idee.Tutto questo zelo, questo lavoro, questa tenacia, ma soprattutto la conoscenza del calcio puro, quello che da sensazioni forti, finalmente ha portato il premio meritato.

A cura di Emilia Verde

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