Mertens o Insigne, questo è il dilemma. Con Gonzalo Higuain ad occupare il ruolo di centravanti, la corsia sinistra azzurra è divenuta teatro di battaglia per i due folletti partenopei. Prima con Benitez, poi con Sarri, il Napoli ha vissuto la concorrenza dei due funamboli: da un lato Lorenzo il Magnifico, più altruista e fumantino, dall’altro Dries, più carismatico ed egoista. L’addio inaspettato dell’attaccante argentino e lo sfortunato infortunio del neoacquisto Milik, hanno spostato il belga nella posizione centrale dell’attacco: con un po’ di pazienza e qualche accorgimento tattico, mister Sarri è riuscito nell’impresa di farli coesistere. Mertens, da falso nueve, si è trasformato in un vero e proprio bomber, capace di siglare 25 goal in stagione già a marzo. Ciononostante, il vero equilibratore di questo Napoli, al pari di Callejon, resta proprio l’amico-rivale Insigne, assente in una sola gara stagionale. L’esterno di Frattamaggiore, oramai, non conosce più il significato della parola turnover. La sua costante presenza in campo è giustificata, oltre che dal ritrovato fiuto del goal (12 centri nelle ultime 17 gare di Serie A) e dalla straordinaria assistenza ai compagni (10 i servizi vincenti), anche dalla grande disponibilità al sacrificio. Il numero 24 azzurro, infatti, ha recuperato ben 132 palloni, più di qualunque altro giocatore in campionato. Dopotutto, la pressione alta è una delle caratteristiche tipiche del Napoli di Sarri. La crescita di Insigne e della squadra in toto, passa anche da questi dettagli spesso inosservati.
Calcio in Pillole, rubrica a cura di Umberto Garofalo
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