È da un bel po’ di tempo che urlare Vesuvio lavali con il fuoco non costituisce più comportamento discriminatorio: è da un po’ di tempo che non si arriva alla chiusura dei settori dello stadio per insulti o denigrazioni di origine territoriale. I cori beceri contro
Semplice. E così il pugno duro diventa un ricordo e spunta la carezza. E i razzisti da stadio tornano a essere giudicati non come violenti (certi cori sono fucilate), ma come simpatici giocarelloni che si divertono con degli sfottò. Non è un paradosso: l’ultima volta che una curva è stata chiusa è stato dopo Roma-Napoli del 25 aprile scorso. In quel caso, oltre ai cori discriminatori, si superò il limite della decenza con gli insulti alla mamma di Ciro Esposito. James Pallotta, il padrone della Roma, sbottò contro i suoi tifosi: «Siamo stufi di questi fucking idiots», e la traduzione è praticamente superflua. Il risultato di questo dietrofront della giustizia sportiva è una memorabile confusione. Perché il nostro calcio aveva provato a fare la voce grossa, aveva deciso di essere duro e severissimo, salvo mostrare il solito cuore tollerante. Dalla voce grossa è uscito un mezzo sospiro e così si è tornati indietro ad anni di impunità e vergogna a cui invece pareva di essere stato messo un freno: ma non è così. Il diritto pretende certezza, ma la confusione è massima visto l’andamento ondulatorio delle sanzioni. Molto dipende dalle relazioni degli ispettori del giudice sportivo. Qui, l’uniformità è essenziale, dunque Mastrandrea farebbe bene a convocare il suo staff per fissare i paletti su cui poi far basare le sentenze. La svolta nel 2014, con l’avvento di Tavecchio, appena rieletto: primo consiglio federale e decisione di derubricare la discriminazione territoriale a semplice oltraggio. Cancellandola dall’articolo 11 del codice di giustizia sportiva, che regola i casi di razzismo. Il motivo? I grandi club hanno sempre temuto di finire ostaggio dei proprio ultrà: se loro sbagliano, pagano le società. E allora tutti tranquilli: urlare colerosi o Vesuvio lavali con il fuoco garantisce al massimo un’ammenda. Spiccioli, per un grande club. Quel che conta è aggiungere la formula magica: «Per avere la Società concretamente operato con le Forze dell’Ordine a fini preventivi e di vigilanza».
Fonte: Il Mattino