Il Mattino – Dino Zoff: “Il portiere è l’unico ruolo dove non farei turnover. Juve-Napoli? Mi godrò la partita”

L'ex portiere di Juventus e Napoli analizza la sfida di Coppa Italia

A vent’anni è già in serie A con l’Udinese. A venticinque approda al Napoli. A trenta viene acquistato dalla Juventus. A quaranta diventa campione del Mondo con l’Italia. A cinquantacinque è il ct della Nazionale. Oggi Dino Zoff compie settantacinque anni è stato intervistato da “il Mattino”: un bel traguardo, proprio nel giorno di Juventus-Napoli: «Un bel pezzo della mia vita è legato a quelle maglie: difficile poter fare il tifo per l’uno o per l’altro. Mi godrò la partita». È stato il portiere del Napoli dal 1967 al 1972 prima di trasferirsi alla Juve. In bianconero, ha vinto sei volte lo scudetto tra il 1973 ed il 1982. Zoff salta da un palo all’altro dei suoi ricordi, con lo stile di sempre, asciutto ed efficace.

Che sfida questa sera? «È una partita dove si fa fatica a fare un pronostico, perché il Napoli di Sarri è imprevedibile, ha dimostrato di poter fare bene contro ogni avversario. La Juve deve stare molto attenta».

La Coppa Italia è divenuta un obiettivo importante per tutti? «È così. Perché bisogna puntare ai trofei che si possono conquistare. E quando si arriva in semifinale, è giusto mettere tutte le forze per riuscirvi».

La Juve potrebbe non avere le motivazioni giuste? «Ma scherza? La Juve è un club cannibale, non si ferma mai. Lì hanno sempre fame, non trascurano nulla. Era così ai miei tempi e lo è anche adesso».

A una settimana dal Real Madrid si pensa già a quella sfida? «Ma non credo. Si pensa all’avversario successivo quando sulla strada hai un avversario abbordabile. Ma stasera c’è Juve-Napoli, una classica del calcio italiano e le motivazioni saranno alle stelle».

Iniziamo dai suoi ricordi: Juve-Napoli da juventino. «Senza dubbio quella dell’aprile del 75. Quella parata su Juliano salvò il risultato che era sull’1-1 e poi nel finale arrivò il gol vittoria di Altafini. Povero Josè, quante gliene hanno fatte passare per colpa di quella rete. Però, è vero: con quel successo ci garantimmo lo scudetto».

E da napoletano? «Me ne ricordo tante, anche perché a Napoli la sfida con la Juve è stata sempre vissuta come la partita dell’anno. Capivi subito che la domenica giocavi contro di loro perché improvvisamente gente che non si allenava mai, la vedevi al campo puntuale a correre».

Una volta finì a botte, nel 1968. «Al San Paolo successe di tutto. Sivori era stato costretto a lasciare la Juve dopo l’arrivo di Heriberto Herrera e non glielo aveva mai perdonato: ogni volta che Omar lo vedeva, tirava pallonate alla panchina. Per colpirlo. Ed Herrera si vendicava facendolo marcare duramente. Quella volta toccò a Favalli: Sivori commette un fallo su di lui, viene ammonito. Scoppia il putiferio, dalla difesa corre Panzanato. Un gigante. Io dalla porta vidi i calci e i pugni, una rissa enorme, non si capiva nulla. Sivori venne espulso e corse verso Herrera: Al ritorno veniamo in sei e vinciamo noi. Era un altro calcio».

Che tipo era El Cabezon? «Un campione. Quando ero al Mantova gli ruppi una costola in una uscita. Quando ci rivedemmo al Napoli gli chiesi scusa. Lui mi disse che non mi perdonava perché a causa di quell’infortunio era uscito dal campo portato in braccio da Herrera. Proprio non lo sopportava».

Da allenatore della Juve, memorabile restano le sfide nei quarti della Coppa Uefa del 1988/89? «Memorabile per il Napoli. Fu una beffa atroce perché all’andata con la Juve avevo vinto 2-0. Ma Maradona quella notte era scatenato…prendemmo gol al 120′ e mi è rimasto sullo stomaco la rete per fuorigioco annullata a Laudrup».

E stasera? «La Coppa Italia si gioca in una gara lunga 180 minuti. E le possibilità sono cinquanta e cinquanta. Sono curioso di rivedere il Napoli con Milik o Pavoletti al cospetto di Higuain e Dybala».

Contro l’Atalanta il Napoli le è apparso in calo? «Ma no. Una serata storta può capitare. Mi impressiona la qualità del gioco di Sarri, così come mi impressiona la solidità del gioco di Allegri».

Cosa le è rimasto dentro dei cinque anni napoletani? «Tutto l’amore che mi ha dato il pubblico di Napoli. Lo porto sempre con me».

La parata più bella, quella su Oscar contro il Brasile nel 1982? «La più importante di sicuro. Mi fosse scappata di mano quella palla…».

Sarri ha subito delle dure critiche da De Laurentiis. A lei è successo più o meno lo stesso con Berlusconi? «Ma no, è totalmente diverso. In fondo De Laurentiis ha detto delle cose giuste, da presidente. Ha sbagliato il momento. Il paragone non regge, perché quella volta le critiche erano invece personali. E le dimissioni non potevo non darle».

Zoff, Buffon farà giocare Neto, ma Reina difficilmente farà spazio al suo vice. In fondo come faceva lei… «Sì, non amavo saltare le gare. Per me deve sempre giocare il portiere titolare. È l’unico ruolo senza turnover».

La Redazione

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