Mettiamo di dover presenziare ad una festa di gala: l’abito è quello elegante, i modi quelli cortesi d’altri tempi, il tono di voce mai troppo alto.
Mettiamo, invece, di organizzare una festa con gli amici di sempre: l’abbigliamento è quello più comodo, i modi più spontanei, il tono di voce mai controllato.
La Champions League è da sempre la grande serata di gala del calcio europeo: tutti i partecipanti si fanno belli, a prescindere dalla quantità di titoli in bacheca; anzi, il paradosso è proprio che chi è meno avvezzo ci tenga particolarmente a far bella figura. Le parole fuori posto sono pochissime e l’ambiente è trasformato rispetto a quello del calcio nostrano.
Le polemiche, tipiche del nostro campionato, vengono lasciate sempre fuori, quasi a sottolineare che sì, anche noi possiamo far parte di quel tavolo.
Il Napoli sul campo ha dimostrato, in questa edizione, di poter dire la sua anche a livello europeo: prima nel proprio girone, nonostante non fosse in prima fascia, e poi in un ottavo di finale disputato sì con un po’ di timore (è veramente possibile non averne in quello stadio?), ma anche cercando di imporre la propria idea. Sempre.
Il problema è arrivato nel post-gara: De Laurentiis, ai microfoni di Mediaset Premium, si è lasciato andare a delle dichiarazioni che hanno subito fatto il giro delle tv e del web, alzando troppo la voce in un contesto che francamente non lo richiedeva.
Noi però abbiamo provato a leggerle attentamente quelle dichiarazioni, per tentare un’analisi dei momenti più importanti:
1. “Il Real Madrid poteva vincere 5-0”: vero, poteva, ma con i ‘se’ non si può ragionare di calcio.
Perché allora basterebbe ricordare l’occasione di Mertens per dire che ‘si poteva perdere 3-2’, risultato tutt’altro che impensabile da recuperare. La verità è che il Napoli ha perso 3-1 una partita in cui non è sembrato il Napoli spregiudicato che spesso vediamo in campionato: è andato in vantaggio,ha subito l’ondata dei campioni del mondo, ma non ha sfigurato come a molte squadre abbiamo visto fare al ‘Bernabeu’.
2. “Evidentemente si pretende troppo da chi è stato scelto per svolgere, attraverso un ruolo diverso, molto di più”: che quello di Mertens sia un esperimento riuscito, però, lo dicono i numeri. Il 19 ottobre 2016, in occasione di Napoli-Besiktas, il belga viene schierato per la prima volta da centravanti: quella partita lui la chiuderà con un gol e un assist nonostante la sconfitta 3-2 del Napoli; da quel momento venti gol in trenta partite ufficiali e le attenzioni di tutto il mondo del calcio su di lui. Non male per uno che è stato preso per fare altro.
3. “I tifosi non sono stupidi, capiscono che si possa perdere due-tre partite per capire acquisti, non acquisti, capacità, modulì. A me non interessa vincere sempre, altrimenti arriverò a fine campionato senza sapere perché certa gente non ha giocato”: i tifosi non sono assolutamente stupidi, e proprio per questo sanno che perdere tre partite in un campionato con questo ritmo di punti in testa alla classifica, significherebbe allontanarsi dai primi due posti e di conseguenza rischiare l’ostacolo playoff-Champions. E di conseguenza rischiare di non arrivarci neanche a partite come quelle del ‘Bernabeu’.
4. “Alla fine del campionato non saprò per quale motivo avrò investito su dei calciatori cifre che avrei potuto investire su altri”: qui il presidente lamenta, evidentemente, lo scarso utilizzo di qualche pedina acquistata nel mercato estivo o di gennaio che secondo lui meritava di giocare questa gara.
A conti fatti, però, al 31 agosto erano arrivati Maksimovic, Tonelli, Milik, Giaccherini, Zielinski, Rog e Diawara: sette in totale, di cui tre diventati titolari e due in campo dall’inizio ieri (sarebbero stati tre su tre se Milik non si fosse infortunato). Nessuna squadra di vertice di Serie A vanta questo invidiabile score.
5. “Si cerca di difendere troppo le proprie posizioni, quando l’unica che conta è quella del Napoli”: che Sarri sia uno ostile a cambiare modulo e interpreti si sapeva. E’ arrivato cercando di proporre il suo celebre 4-3-1-2, scoprendo poi che uno come Saponara il Napoli non lo aveva, ma che in compenso, all’ombra del Vesuvio, trovava alcuni dei migliori esterni della Serie A. Risultato? Passaggio al 4-3-3 e stagione dei record, condita dal secondo posto in campionato.
Da quel momento solo un pazzo avrebbe messo mano ad un giochino di cui si sono innamorati in molti anche in Europa, apprezzando il lavoro di Sarri e lo splendido modo di proporre calcio. Tant’è che anche a Madrid c’era grande rispetto nei confronti di questa squadra, che per lo stile di gioco è stata paragonata al Barcellona, eterni rivali dei blancos.
Per quanto riguarda il ‘difendere la posizione del Napoli’, l’impressione è che Sarri lo stia facendo bene, se solo pensiamo che l’ultima sconfitta risaliva al 29 ottobre, quasi quattro mesi fa.
Le critiche sono sacrosante quando vengono realizzate con l’obiettivo di aiutare la squadra e l’allenatore, magari innestando quella buona dose di faccia tosta di cui De Laurentiis è benevolo portatore. Buona norma avrebbe voluto che il presidente parlasse prima a Sarri, e solo in un secondo momento (ma davvero era così necessario?) alla televisione.
Per partecipare al gran gala, bisogna prima diventare grandi. E il Napoli maturo abbastanza forse ancora non lo è.
A cura di Marco Prestisimone